EssilorLuxottica: come funzioneranno i nostri occhiali del futuro

«L’obiettivo è farli diventare uno schermo, gestendoli non in modo passivo, ma dando degli input direttamente tramite l’occhio invece che fisici o vocali: il tutto in maniera non invasiva e rispettando il difetto visivo del portatore, attraverso la miniaturizzazione e l’integrazione di lente, comandi e quant’altro è necessario», ha detto martedì scorso Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano, presentando il progetto congiunto con il gruppo italo-francese

LEssilorLuxottica Smart Eyewear Lab, come ha ricordato il numero uno della società italo-francese, Francesco Milleri, lavorerà in rete con una struttura di ricerca e sviluppo del gruppo già attiva e diffusa in tutto il mondo, che conta più di trenta centri dedicati a vision care, eyewear design, sostenibilità e trasformazione digitale, circa mille ricercatori e oltre undicimila brevetti. Per illustrare le caratteristiche di base dei dispositivi che ne usciranno sono intervenuti Federico Buffa, responsabile R&D di EssilorLuxottica, e Daniele Rocchi, delegato del Politecnico per i rapporti con le imprese: l’iniziativa vivrà in uno spazio dedicato all’interno dell’Innovation District, che l’ateneo sta sviluppando nel Parco dei Gasometri, zona Bovisa, e coinvolgerà un centinaio di giovani talenti, tra studenti, dottorandi, ricercatori e personale docente, con il 40% del reclutamento a livello internazionale. È già stato avviato un bando di nove borse di studio di dottorato ed è prevista la sinergia con una trentina di collaboratori dell’area ricerca e sviluppo dell’università milanese.

«L’obiettivo è favorire una migrazione non invasiva dallo smartphone all’occhiale, senza impattare la fruibilità del dispositivo wearable o le implicazioni legate all’aspetto estetico: si passerà quindi da una fase legata all’eye tracking, con algoritmi che premetteranno di sapere dove il nostro sguardo va a posarsi, coinvolgendo l’intelligenza artificiale e anche il metaverso, a un’altra di camera and sensoring, per trasferire al device la conoscenza della realtà intorno a noi - ha spiegato Buffa - Infine sarà fondamentale l’integrazione con i dispositivi ottici attraverso le lenti digitali, per consentire di cogliere il mondo fisico che abbiamo davanti». Il tutto tenendo conto dei nostri difetti visivi: parte ottica, estetica e strutturale dovranno perciò sposarsi all’interno di questo progetto, con il supporto chiave della componente accademica.

A.M.

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