Nel corso dello studio sono state misurate le risposte evocate dalla luce nei fotorecettori maculari umani in occhi rimossi a meno di cinque ore dal decesso, identificando i fattori modificabili che portano alla perdita reversibile e irreversibile della segnalazione luminosa dopo la morte. I risultati cui sono giunti i ricercatori del John A. Moran Eye Center all'Università dello Utah, negli Stati Uniti, in collaborazione con lo Scripps Research Institute e il Salk Institute for Biological Studies in California e l'Università di Berna in Svizzera, «avranno ampie applicazioni e impatto, consentendo ulteriori studi sulle trasformazioni nel sistema nervoso centrale umano, sollevando domande sull'irreversibilità della morte delle cellule neuronali e fornendo nuove strade per la riabilitazione visiva», si legge nell’abstract del lavoro su Nature.
Secondo quanto riportato da ansa.it, del tema si era già iniziato a dibattere dopo uno studio precedentemente pubblicato sempre su Nature, in cui alcuni ricercatori di Yale avevano “rivitalizzato” i cervelli di una trentina di suini appena deceduti, riattivando la circolazione del sangue, una serie funzioni cellulari e la formazione di sinapsi: nel nuovo lavoro, è stata invece utilizzata la retina come modello del sistema nervoso centrale. I ricercatori statunitensi hanno osservato sia quella di topo sia quella umana per tentare di ripristinare i fotorecettori, scoprendo che la mancanza di ossigeno post mortem sarebbe il fattore determinante che fa perdere loro la facoltà di comunicare con le altre cellule della retina stessa. Per ovviare a tale impedimento, gli scienziati hanno messo a punto un’innovativa unità di trasporto per gli organi da donatore capace di somministrare agli occhi la giusta ossigenazione e altri nutrienti fondamentali e riuscendo così a mettere in comunicazione le cellule tra loro. In particolare sono riusciti a risvegliare i fotorecettori della macula, responsabile della visione centrale e della capacità di percepire colori e dettagli, i quali negli occhi dei donatori deceduti da poche ore hanno risposto a luce intensa, colorata ma anche a lampi di luce più deboli.
(red.)