I manifestanti no vax e no green pass (nella foto, tratta da adnkronos.it, l'ultimo corteo a Milano del 6 novembre) che alimentano le cronache delle ultime settimane non solo ostentano una boriosa sfiducia nella scienza, ma anche un’ingiustificata mancanza d’impegno morale e intellettuale
“Che cos’è allora questo putinismo che da quindici anni regge la Federazione Russa? I politologi potrebbero ricorrere forse al termine democratura, crasi di democrazia e dittatura, con cui l’ingegnoso saggista Predrag Matvejevic descriveva i regimi formalmente costituzionali ma di fatto oligarchici. Eppure il caso russo fa storia a sé”. Questo scriveva Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica ed economia Limes, sul numero online dell’11 marzo 2015, nei giorni del confronto con la vicina Ucraina, intendendo con quel termine un regime politico improntato alle regole formali della democrazia, ma ispirato nei comportamenti a un autoritarismo sostanziale.
Il lemma dittatura l’abbiamo sentito urlare più volte nelle ultime settimane miseramente miscelato alla situazione sanitaria che stiamo vivendo: dittatura sanitaria è lo slogan con il quale i cosiddetti no vax o no green pass provano a riassumere il loro frugale e disadorno pensiero. Osservando le immagini dei cortei delle nostre città appare che la fascia d’età prevalente è quella della maturità adulta per i manifestanti che ostentano, marciando, una boriosa sfiducia nella scienza: disarma constatare e desumere che diffidare della scienza evidenzia una mancanza di conoscenza e quindi di istruzione. Con futile faciloneria si potrebbe ascrivere tutto al fallimento della scuola, ormai datato, ma servirebbe solo a mascherare l’insipienza e la totale e ingiustificata mancanza d’impegno morale e intellettuale dei singoli.
Il nostro patrimonio genetico ci dona gli istinti e le emozioni ma non i sentimenti. Quelli si imparano solo con la lett(erat)ura: consegnarsi al semplicismo di Wikipedia abdicando ai libri mostra inevitabilmente i limiti. Se sostituissero l’odioso termine con quello suggerito da Lucio Caracciolo potrebbero, quanto meno, dimostrare di sapere cosa dicono. Studiare la storia, anche delle parole, non serve solo a conoscere il passato ma anche a non fraintendere il presente.