Chi ha il pane non ha i denti (e non vende il sole)

O, secondo un antico proverbio rivisitato per l’occasione, chi ha i mezzi non ha aspirazioni: è la migliore sintesi del panorama italiano dell’ottica, che vede una discesa inarrestabile dell’occhiale da sole (-7% di sell out a volume nel primo semestre 2018) a discapito di una geografia ideale (2.500 ore di sole all’anno, 7 di media giornaliera) e di due target di pubblico congeniali all’acquisto, i “Lovers” e gli “Hunters”

Il nostro mercato è geloso dei suoi dati. Quando li dà, in questo caso a Silmo 2018 grazie alla collaborazione con Mido, bisogna prendersi del tempo per leggerli con attenzione. Parliamo dell’Optical Monitor condotto da GfK del primo semestre 2018, giunto all’ottava edizione e presentato a fine settembre a Parigi, che precede quello del secondo semestre abitualmente esposto la domenica di Mido all’Otticlub. In particolare voglio soffermarmi sulle rilevazioni dell’occhiale da sole, il segmento su cui per l’ennesima volta sembra che l’ottica intenda a breve abdicare come già ha fatto in passato per l’occhiale da lettura. La ricerca prende in considerazione le risposte di un campione di oltre seimila consumatori di cinque mercati europei (Italia, Spagna, Francia, Regno Unito e Germania). Nel nostro paese è rilevata la presenza massiccia, il doppio della media europea, dei due target principi per l’acquisto dell’occhiale da sole: i “Sunglasses Lovers” e gli “Young Fashion Hunters”, partendo dai quali si potrebbe invertire il senso di marcia. I “Lovers” sono consumatori d’avanguardia, amanti dell’occhiale da sole e disposti a utilizzarlo anche tutto il giorno. Dispongono di alto reddito, concentrati in una fascia d’età giovane (26-35 anni) e matura (oltre i 50). Cercano la qualità e l’eleganza, esplorano sul web le novità ma comprano principalmente nel negozio di ottica, dagli specialisti del sole o sull’ecommerce ufficiale del brand. Acquistano volentieri un occhiale nuovo ogni dodici mesi e la loro propensione di spesa cresce di anno in anno.
A loro volta i “cacciatori di fashion” si informano quasi esclusivamente sul web, ma poi anche loro “atterranno” dall’ottico o in alternativa nel negozio della griffe che scelgono. Su internet cercano l’occasione ma di fatto cercano l’esperienza d’acquisto e la relazione con lo specialista di moda o dell’occhiale. Cosa vogliono da un modello da sole? Sentirsi migliori e più accattivanti. Anche in questo caso sono presenti in Italia il doppio della media europea. Sono più giovani dei “Lovers” e per questo motivo hanno una potenzialità di riacquisto e spesa inferiore, dato che parliamo di studenti e di primi impieghi. Le “cacciatrici”, come le “amanti”, sono la maggioranza (2 su 3) a dimostrazione che l’occhiale da sole è femmina con sconfinamenti maschili. I driver degli acquisti stanno sul triangolo qualità-prezzo-materiali/design. Nella scala dei valori il prezzo non è mai al primo posto, neppure sull’occhiale da vista, ma è a ridosso della capofila qualità e non la molla. Il canale distributivo classico, l’ottica, pare schiacciato dalla morsa del fashion e dell’ecommerce ufficiale, ma la mia convinzione è che i giochi non siano ancora finiti.
Sono cinque i miei ingredienti per il rilancio del sole, ma non senza prima aver individuato i suoi “lovers” e “hunters”: un buyer competente, una formazione alla vendita specifica, un corner riadattato all’esperienza d’acquisto, saldi simili all’abbigliamento per smaltire e riacquistare e, infine, una forte integrazione con l’occhiale sole-vista, quindi un collante ideale tra studio e banco quando occorre. Le aziende del sole devono essere complici di questa sorta di trasformazione mentale dell’ottica e non solo distributrici di plastiche e metalli. Credo che tutto ciò basti ad assicurarci che la resa può essere solo nella nostra testa. Henry Ford, che avrebbe voluto tutti gli occhiali neri, soleva dire: che tu creda di farcela o di non farcela, avrai comunque ragione.
Nicola Di Lernia

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