Cavaliere, per favore, ci compri l’Inter

Il calcio, diceva Paul Sartre, è una metafora della vita. Esistono ruoli, regole e obiettivi del tutto simili. Si vince con il gioco di squadra, ma anche con gli individualismi. Si passano giorni a discutere, mentre una gara dura novanta minuti. Si studia la tattica, ma a volte è la giocata del campione che risolve la partita. Si pontifica il collettivo, ma è il leader a caricarsi sulle spalle i compagni

Negli ultimi vent’anni il leader è stato spesso l’allenatore della squadra. Nel passato pochi mister si erano particolarmente distinti, anche se di loro ci ricordiamo frasi che ci hanno dato spunti su come affrontare la vita. Come quel “palla lunga e pedalare” di Nereo Rocco, piuttosto che la sentenza di Vujadin Boskov “rigore è quando arbitro fischia”. Gli allenatori di oggi sono invece comunicatori per eccellenza. Nei minuti che hanno preceduto l’inizio del Progressive Business Forum di Firenze del 2019 ne individuai tre come esempio: Pep Guardiola, recente finalista di Champions con il Manchester City, Antonio Conte, fresco vincitore dello scudetto con l’Inter, e Josè Mourinho. Tutti e tre che sono qualcosa più di allenatori. Sono profeti, ciascuno di una propria dottrina di calcio e di vita.

Prendiamo lo “Special One”, Mourinho, appena sbarcato alla Roma. In un libro di Sandro Modeo, L’alieno Mourinho, pubblicato da Isbn Edizioni nel 2010, l’autore crea un interessante parallelismo tra la figura dell’allenatore portoghese e quella del mago Houdini. In particolare, sulla superbia, Houdini soleva dire “con la dovuta modestia non conosco nessuno alla mia altezza”, mentre Josè afferma “non sono il migliore al mondo ma penso che nessuno sia migliore di me”. Accomuna questi due personaggi così distanti l’uso della magia, in questo caso della parola. La magia è il migliore ingrediente narrativo che un comunicatore possa conoscere. La si sviluppa in tre atti. Il primo è quello della promessa, il secondo è il passaggio dall’ordinario allo straordinario, il terzo sta nel far scomparire e comparire contemporaneamente. Se non c’è magia non c’è narrazione. Mourinho lo sa bene. Lo ha dimostrato quando ha adottato, ad esempio, la tecnica che sta alla base dello storytelling, ovvero “show, dont’tell” nella sua famosa frase: “ho sentito il rumore dei nemici”.

Gli amici romani, invece, che avranno il piacere di vivere il personaggio Mourinho, come lo abbiamo vissuto e amato noi interisti, potranno condividere le sue magie: il fascino carismatico, la capacità di autopromuoversi e di far perdere le proprie tracce sul più bello. Come quando prese la strada di Madrid dopo aver vinto il Triplete, lasciandoci a un lungo periodo di noiosa attesa. Tanto che qualche anno fa mi auguravo, pensando alla fede nerazzurra di Leonardo del Vecchio: Cavaliere, per favore, ci compri l’Inter. La magia in quell’occasione non funzionò. Ma non tutti sono Mourinho (nella foto, la slide trasmessa prima del Progressive Business Forum 2019, al Palazzo dei Congressi di Firenze, ispirata al libro “Coaching Mourinho”).

Nicola Di Lernia

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