Anche l’ottica non deve dimenticare

I sessanta giorni della fase 1 non vanno dispersi nella rincorsa alla fase 2. Il loro compito è regalarci una morale, aiutarci a rimettere in discussione ciò che prima non ci piaceva, indicarci una strada nuova, da intraprendere un po’ alla volta. Altrimenti tutto quello che è successo, è accaduto invano

Spesso l’hanno paragonato a una guerra l’arrivo del coronavirus in Italia. Esperti e opinionisti hanno usato un gergo militare nel descriverlo: battaglia, trincea, riconversione. Se di fatto lo è stato, lo è stato all’incontrario. Mentre nelle guerre vere noi perdiamo la migliore gioventù, nel caso del Covid-19 abbiamo cancellato la nostra memoria. Nel corso della Seconda guerra mondiale morirono circa 68 milioni di persone: 25 milioni di militari e 43 milioni di civili. In Italia su una popolazione di 44 milioni di persone morirono 320 mila militari e più di 150 mila civili: 10 ogni 1.000 abitanti. L’età media dei deceduti era molto giovane. La “guerra” al coronavirus in questi due mesi nel nostro paese è costata a oggi quasi 30 mila decessi su 60 milioni di abitanti: 10 ogni 20 mila abitanti. Quasi la metà dei morti è stata rilevata in Lombardia, che insieme a Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto fa registrare oltre il 70% dei decessi, la cui età media, rispetto alle guerre tradizionali, è però diversa. L’età media dei deceduti è di 79 anni, quella di chi ha contratto il virus è di 62 anni. Una guerra all’incontrario, dunque, che cancella memoria storica e affetti lontani con un colpo di spugna degno della civiltà dei nostri tempi. Una civiltà moderna che ha sempre corso su di sé, relegando sessantenni o addirittura cinquantenni al prepensionamento e riducendo gli stessi pensionati a un peso morto anziché a una memoria da preservare.

Ci sono tanti segnali da ricordare in questa guerra lampo, che ha messo a nudo le nostre fragilità e gli errori strategici degli ultimi vent’anni. Anche nell’ottica abbiamo perso qualcosa. Nella cara Bergamo, tra la bassa e l’alta, l’indice di mortalità rispetto alla media del periodo 2015-2019 è salito del 568%. Mi raccontano che ogni persona che oggi torna a farsi un occhiale conserva un lutto nel proprio sguardo. Molti di quelli che stanno dietro il banco o negli studi si trovano nella stessa situazione di silenzio sofferto. Anche nel nostro settore ci sono stati lutti. B2eyes, che è rimasta al fianco dei propri lettori in ogni giorno di questa maledetta pandemia, ha ricordato persone che avevano il camice e oggi non ce l’hanno più. Credo che dobbiamo fermarci un attimo se vogliamo capire qualcosa di quello che ci è accaduto e ci potrà accadere in futuro.

Questo non è un virus di provenienza animale. È insito nella nostra società. È la nostra società che lo diffonde, non i pipistrelli. Sono i nostri errori, le nostre interpretazioni errate che hanno ad esempio trasformato molte Rsa in tombe. Anche l’ottica si fermi un attimo a riflettere su tutto ciò. Non ritorni subito quella di prima. E non perché i suoi protagonisti non saprebbero fare altro, per convenienza perché tanto al prossimo virus andiamo a casa tutti o perché tanto non è toccato a me.

Il saluto conclusivo è per gli abitanti e i colleghi di Bergamo, che con il loro silenzio pieno di dignità paradossalmente non ci hanno aiutato a comprendere bene cosa ci è accaduto. I loro primi sorrisi di oggi, ancora stentati ma sinceri, mi hanno ricordato una frase di William Shakespeare: il derubato che sorride ruba qualcosa al ladro.

Nicola Di Lernia

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