Longo: se ne è andato l’oculista esperto in ipovisione

Il 4 marzo è mancato il medico oftalmologo di Monopoli, specializzato nella riabilitazione dei pazienti ipovedenti: il direttivo Prisma, guidato da Roberto Volpe, ricorda il professionista pugliese per le sue alte competenze, ma soprattutto per l’amicizia che lo legava all’associazione

«I soci di Prisma e tutti coloro che hanno partecipato ai nostri congressi e corsi ricorderanno Paolo Longo (nella foto), che spesso era uno dei relatori - si legge in una nota dell’associazione interdisciplinare, specializzata in low vision - Si avvicinò al mondo dell'ipovisione nei primi anni del 2000 in un convegno a Padova organizzato da Giovanni Sato e in seguito si formò alla scuola di Mario Broggini a Varese, frequentando i master di primo e secondo livello per la formazione di esperti nella riabilitazione dei pazienti ipovedenti dell’Unione Europea nell'ambito del Progetto Leonardo da Vinci. L'esperienza maturata a Varese lo portò a creare uno dei primi, se non il primo, Centro di Riabilitazione per Ipovedenti della Puglia: da lì cominciò un lungo e gratificante percorso che lo ha visto protagonista come relatore in tutti i principali congressi e corsi sull'argomento che si sono svolti in Italia». Prisma ricorda inoltre la presenza fissa di Longo nelle Giornate Mondiali della Vista, organizzate a Padova da Sato e a Varese da Broggini, oltre che alla Low Vision Academy. «Memorabili la sua presentazione a Milano, nel 2018, del libro di Krister Inde Vedo male, ma sono felice e le sue partecipazioni in Sicilia e in Sardegna ai congressi Prisma organizzati da Anna Nastasi, da Nicola Di Stefano e dallo stesso Volpe - sottolinea il comunicato - È stato, inoltre, protagonista di un importante studio multicentrico che venne presentato a Montreal, in Canada, al Congresso Mondiale di Ipovisione, nel 2008».
Un grande esperto di ipovisione dunque, disponibile a ogni iniziativa. «Mai si tirava indietro di fronte a nuove sfide - prosegue la nota - Appassionato, studioso ma sempre umile, pronto a imparare da chiunque potesse farlo crescere, conscio di non essere mai arrivato e di avere ancora da apprendere perché la nostra disciplina non si ferma mai ed è sempre in evoluzione: umiltà e studio che lo portavano a un’autorevolezza quando saliva sul palco di un congresso degna di un cattedratico, pur considerandosi sempre un “medico di campagna”».

(red.)

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