Quando si corre si perdono i dettagli laterali. Succede in auto e ancora più spesso nella vita. La volontà da parte dell’ottica di legittimare una collaborazione con la classe medica sul tema della progressione miopica giovanile è sotto gli occhi di tutti: serviva trovare un terreno comune perché si potesse iniziare un dialogo tra le categorie che il buon senso aveva negato sino a oggi.
La progressione miopica è un tema caldissimo: colpisce i giovanissimi nella loro crescita e incide sulla qualità della loro vita di domani. Un tema che non si può rimandare, quello che va fatto deve essere fatto oggi. Però non è solo un argomento clinico e tecnico, legato a un percorso interdisciplinare tra il centro ottico e lo studio oculistico: si tratta di un fenomeno sociale.
Al convegno di Mestre del giugno scorso ho portato anche gli ortottisti, coloro che seguono concretamente negli ospedali i casi come li segue l’ottico nel suo centro. Mi sono appellato a una psicoterapeuta, su come “avere cura di dare la cura”, cosa che la maggior parte dei professionisti della salute omette. Ho chiesto a un sociologo di aiutarci a osservare la demografia del nostro paese non solo in base a stereotipi, ma soprattutto ponendo il focus sul nucleo familiare e la sua trasformazione in atto. La miopia giovanile si controlla con il consenso dei genitori: ho fatto intervenire un esperto della comunicazione web che ci ha introdotto sul tema del cosiddetto “Dr. Google” e ci ha fatto comprendere come e dove le madri e i padri cercano online le risposte che poi chiedono di convalidare agli oftalmologi e agli ottici. Ho chiesto al direttore della Fondazione Banca degli Occhi del Veneto di parlare di prevenzione, dato che la miopia elevata può influire sulla comparsa di patologie che rischiano di condurre fino alla sala operatoria. Infine, da esperto di mercato ho spiegato ai presenti che l’evoluzione miopica per l’ottica è come un’onda lunga e lenta che porterà la categoria a un piano superiore rispetto a quello attuale, sia in virtù del rapporto ravvicinato con l’area medica sia nello standing sociale verso i genitori e i figli, che saranno futuri genitori.
Una grande opportunità, forse la prima di tante prossime, che va gestita però con un buon paio di occhiali a visione laterale. A patto che la multidisciplinarità non sia solo tra ottico e oftalmologo. Ci sono gli ortottisti e i pediatri. Ci sono gli psicologi e i sociologi. Ci sono i comunicatori e i consulenti di mercato.
Al recente evento sul tema di Modena ho chiesto la presenza della principale tv locale per realizzare uno speciale che potesse essere visto dal grande pubblico. Il fatto che professionista della visione e medico oculista parlino all’unisono alla gente non è superfluo. È il futuro. Se la mentalità resterà invece quella del cerchio chiuso, si alimenterà un altro tipo di progressione miopica: quella dell’ottica. Nonostante una generazione di ottici optometristi ancora più competente, nonostante le giovani leve, spesso laureate, il nostro settore continua a pensare e ad agire come trent’anni fa: allora c’era una prateria dove chi aveva più gambe e correva più forte vinceva. Oggi è esattamente il contrario. Partire dopo per arrivare prima. La progressione miopica giovanile è una questione troppo seria per affrontarla con la mentalità del passato.
Nicola Di Lernia