Piange l’intera Sardegna ma fa altrettanto un piccolo paese, sul Lago Maggiore, di nome Leggiuno, in provincia di Varese, che diede i natali a Gigi Riva. Si parla sempre d’acqua. Quella del mare che circonda l’isola e che stregò Gigi come quella del bacino lacustre che lo accolse per primo.
Non ebbe un’infanzia facile. La perdita prematura del padre, il collocamento in un rigido collegio nonostante la vivacità del ragazzo, la distanza dalla famiglia e i primi calci seri a un pallone degli anni 60. Forse quel suo lesinare parole, quel “suo sorriso triste come una salita” assomigliava parecchio al Gino Bartali ritratto da Paolo Conte che, insieme al padre, il bambino Gigi andava a vedere sulle impolverate strade italiane di allora, come hanno ricordato in questi giorni alcuni commentatori. Del resto la storia del piccolo Gigi assomiglia a quella di tanti campioni di oggi, da Mbappé a Cristiano Ronaldo, nati nelle “periferie” della vita e in famiglie difficili, poi ribaltate dal loro successo. Ma per Riva non fu così. L’Italia di allora conserva ai nostri occhi quella dignità di realtà povera cui però non mancava quasi nulla e che non rinnegava niente delle proprie origini. Gigi non era semplicemente un calciatore. Fiero, solitario y final, parafrasando Osvaldo Soriano, secondo altri che lo hanno celebrato sui giornali, al momento della sua scomparsa. Ma, come dimostra il grande affetto popolare, era soprattutto un semidio. Per costituzione, per gesti sportivi, per dignità. La Sardegna lo accolse come si accoglie un Ulisse trascinato sulla spiaggia. Capitò a Cagliari ma, rispetto all’eroe di Omero, Gigi non fece ritorno a casa. Lì trovò la sua pace.
Proprio perché l’acqua è anche un conduttore di sentimenti, il semidio Riva portò nell’isola i valori che aveva raccolto da piccolo sulle sponde del Lago Maggiore. Varese potrebbe avere poca attinenza con Cagliari, ma questo fu il suo ennesimo miracolo. Come quel goal a Città del Messico nella semifinale che i tedeschi ancora si ricordano e fu definita la partita del secolo. Se il presidente francese Macron oggi si appella a Mbappè perché non vada al Real Madrid e diventi l’immagine della Francia in grado di valorizzare il suo popolo, noi dovremmo fare altrettanto del nostro semidio Gigi Riva: trasformare la sua memoria in un monito.
Non si è romantici se si rispetta e si amano il luogo e le persone che ti hanno fatto grande e felice. Non si è stolti se per coerenza alla vita si perdono delle occasioni che luccicano. Non si è riservati se si parla solo quando serve. Anche nell’ottica questo insegnamento oggi risuona tra le mura dei negozi e degli studi optometrici come un rombo di tuono. Le sfide del futuro si vincono sui vecchi valori, non necessariamente rincorrendone di nuovi: simbiosi con il territorio, una storia vincente, un ruolo sociale inattaccabile, aiutare gli altri attraverso la propria esperienza professionale e di vita. Nel nostro settore ci sono ancora tanti “Rombi di Tuono”. In piccoli paesini sperduti, in quartieri residenziali di grandi città. Onoriamo anche loro, noi dell’ottica. Perché in Arabia, loro, non ci andranno mai (nella foto, tratta da sportmediaset.mediaset.it, Gigi Riva con la maglia della Nazionale, di cui è ancora il miglior realizzatore con 35 goal).
Nicola Di Lernia