A quale udito dare ascolto oggi?

Il silenzio esterno non ci appartiene. Ma non serve prestare attenzione soltanto ai suoni che ci circondano, oggi come ieri, se non diamo spazio alle voci interne che ci aiutano anche a vedere meglio

“Vi sono opere che appaiono belle proprio in quanto osservate da un punto di vista che non è quello della bellezza originale; ma se uno avesse la possibilità di vederle come esse sono realmente, è probabile che non risulterebbero nemmeno somiglianti al modello. Dal momento che tali opere ci offrono una parvenza, ma non una reale somiglianza, propongo di designare il fenomeno col termine simulacro. E allora, una tecnica capace di produrre non copie perfette, ma immagini apparenti, non si chiamerà giustamente mimesi del simulacro?”

Nel Sofista, un dialogo della maturità, Platone afferma che l’arte, non essendo una forma di conoscenza, “non disvela ma vela il vero”: l’arte, che è immaginazione, allontana l’uomo dalla vera visione del vero, perciò l’artista, per Platone, è considerato pericoloso. 

L’udito è invece, da sempre, la facoltà sensibile più legata all’interiorità, il senso spirituale che ci avvicina alla percezione veridica della realtà del mondo: gli elementi del simbolo sonoro si manifestano in successione, favorendo la capacità di strutturare la dimensione del tempo, potendo così scansionare il reale meglio della vista che invece agglomera e confonde. La vista inganna mentre l’udito rivela: l’indovino Tiresia era cieco come Omero il poeta e sui canti degli uccelli si amministrava la divinazione e la mantica. Esercitarsi nell’apologia del silenzio o nel rimpianto dei tempi antichi sarebbe puro equilibrio linguistico: da sempre siamo stati immersi in una fonosfera, dal cigolio dei carri e le grida di dolore degli schiavi un tempo sino al suono delle ambulanze e i cori di protesta in piazza di oggi.

Cosa ci è rimasto allora di quel “colpo di silenzio urbano” della primavera scorsa? Il tempo di riflettere se prestare udito e credito alle Sirene variopinte dei dispositivi ormai protesi dei nostri sensi o ascoltare quelle voci interne che, come Tiresia, sanno schiudere insieme vista e udito. Un buon libro, meglio se di carta, ci aiuta a scegliere.

Sergio Cappa

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