Presbiopia: quanto sarà invalidante per la nostra società?

Si accende un dibattito sul peso sociale di questo disturbo visivo per una popolazione in prevalenza adulta come quella italiana: al Forum del 5 e 6 novembre a Napoli medici oculisti e ottici optometristi si confronteranno per dare una risposta congiunta

Osservando il futuro demografico del nostro paese da qui al 2030 emerge che saremo un’Italia di anziani al femminile. Serve però chiarire quali conseguenze sarà in grado di provocare questa tendenza nell’ambito della visione.

La parola presbiopia deriva dal greco: presbys, che significa vecchio, e -opia, che sta per occhio. Questa “vista da anziani”, la quale si manifesta a partire dai 40 anni, ha perso parte del proprio significato di fronte a una popolazione la cui aspettativa di vita va ben oltre gli 80 anni. Ci troviamo quindi di fronte a un fenomeno che potrebbe accompagnarci per quattro decenni e riservarci almeno due soprese: una invalidità permanente e crescente e un accumulatore di sintomi negativi non solo legati alla vista.

Nel convegno di Mestre di lunedì scorso Diego Ponzin (nella foto, a sinistra, con Nicola Di Lernia), oculista e direttore della Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, che gestisce più di quattromila trapianti di cornea in un anno, oltre la metà di quelli realizzati in Italia, ha offerto una chiave sociologica e medica sul tema della invalidità della presbiopia. Gli occhi sono nati per scorgere il leone nascosto tra i cespugli e per un periodo limitato. Oggi, contrariamente, li usiamo per un tempo doppio a distanza ravvicinata. Per questo la presbiopia, se non viene adeguatamente trattata, può ritenersi un fenomeno invalidante nella nostra vita per almeno tre motivi. Il primo è la tendenza demografica, che ci costringerà a gestire gli occhi di una popolazione adulta ma attiva sino alla fine dei suoi giorni. La seconda è legata allo stile di vita: meno ore all’aria aperta, maggior uso ravvicinato verso smartphone e pc. Infine la terza, forse la più invasiva, riguarda la sintomatologia che tale deficit visivo provoca in maniera sommersa.

La prima missione dell’ottica è correggere un difetto legato alla visione e portare la persona a vederci meglio di prima. Se ciò non avviene, l’ametrope può riscontrare sintomi che rischiano di condizionare la sua qualità di vita: occhi stanchi a fine giornata e che “bruciano”, mal di testa persistenti per i quali non incolpa subito una cattiva compensazione visiva, ad esempio. Molti neopresbiti dichiarano di aver indossato premontati per 3-5 anni prima di dotarsi di un occhiale con lenti progressive: come sarà stata la loro vita iperattiva a fine giornata? Credo che non abbiano mai “visto” la presbiopia sotto il profilo dell’invalidità sociale. Eppure in un paese dove l’operazione di cataratta è prima nella classifica degli interventi chirurgici e gli over 65 rappresentano quasi un quarto di una popolazione con età media di 46 anni, che cosa possiamo aspettarci?

Da questa analisi è ancora più urgente che il percorso ideale di un presbite sia gestito congiuntamente da medico oculista e ottico optometrista. Il Forum presbiopia di Napoli proverà a offrire una prima risposta e un itinerario congiunto.

Nicola Di Lernia

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