“Le donne devono sempre ricordarsi chi sono, e di cosa sono capaci. Non devono aver paura del buio che inabissa le cose, perché quel buio libera una moltitudine di tesori. Quel buio che loro, libere, scarmigliate e fiere conoscono come nessun uomo saprà mai”. Così scrive l'autrice inglese Virginia Wolf nel 1929: seguace della Fabian Society, un movimento politico britannico di ispirazione socialista, tratta nei suoi scritti testi temi molto vicini a lei come la solitudine, la malattia mentale e i pregiudizi nei confronti delle donne.
Oggi, 8 marzo, ricorre la Giornata Internazionale della Donna, impropriamente detta Festa. È consuetudine per politici e amministratori presenziare a talk e incontri sostenendo la causa della parità sessuale, sociale, economica e così via: un ipocrita palcoscenico elettorale sempre utile.
La scuola, di ogni ordine e grado, pubblica o privata che sia, è per sua natura il luogo della educazione civica (dal latino civis, cittadino) o, senza generare facili equivoci, formazione politica (dal greco politikè, tecnica di governo della città). Per insana tradizione popolare nelle scuole professionali è meno frequente ritagliare uno spazio alla riflessione sul significato di questa o di altre ricorrenze, ritenendo impropriamente che l’informazione mercantile debba prevalere sulla formazione civile, e associando e demandando le considerazioni politiche ai licei.
Se oltre a regalare mazzettini di mimose oggi, perché domani la festa è finita, la scuola, di ogni ordine e grado, pubblica o privata che sia, si regalasse anche il buon costume di ricordarsi che la Giornata dura tutto l’anno, l’8 marzo sarebbe l’occasione di far conoscere anche agli uomini quel buio (immagine tratta da Freepik).
Sergio Cappa