Milano: Trisha Baga, un “occhio” ironico sulla realtà

Un’esposizione ospitata dallo spazio Shed dell’Hangar Bicocca, che riapre dopo la pausa estiva l’11 settembre fino al 10 gennaio 2021, riunisce cinque installazioni video le quali indagano la relazione tra il corpo e l’evoluzione della tecnologia visiva: un percorso lungo i media che hanno scandito la pratica dell’artista e che gli spettatori sono chiamati ad attraversare con le lenti stereoscopiche degli occhiali 3d

L’occhio è il protagonista di questo percorso nei video, nella realtà trasformata, in quello che si può immaginare stando davanti a uno schermo. Unito anche al suono certo, ma in seconda battuta. Non a caso si chiama the eye, the eye and the ear la mostra di Trisha Baga, curata da Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli.

Classe 1986, origini filippine, nata in Florida, ma da anni a New York, Baga è una delle più talentuose e innovative artiste della sua generazione: ha sviluppato la sua pratica per mezzo di performance e video e ha fatto della tecnologia 3D il suo mezzo di espressione privilegiato. Questa sua prima esposizione in Italia ripercorre il suo lavoro da There’s No “I” in Trisha del 2005, concepito come una sit com di cui lei è conduttrice e unica interprete, all’ultimo 1620, quasi un site specific. Usando linguaggi diversi, mette insieme i riferimenti più popolari con citazioni di alta cultura e tecnologia, soprattutto nella sua relazione con il corpo. E tutto con uno sguardo ironico. Tra le installazioni barboncini sfingei, un Elvis Presley che parla come Alexa, l’assistente digitale di Amazon, e poi una sfilata di ceramiche (nella foto, tratta da pirellihargarbicocca.org). Sono oggetti del quotidiano diventati fossili che mettono in risalto l’avanzare della tecnologia. Alle pareti dipinti composti utilizzando semi di sesamo e schermi. Alcuni ripercorrono la storia dei media, dal vhs al dvd fino ai visori 3d. Ci sono videoclip di Madonna, immagini di Imelde Marcos e poi documentari e film, di cui molti amatoriali. Una parafrasi dell’alienazione domestica per cui si può seguire con gli occhi qualsiasi narrazione, sentendosene parte, senza muoversi dalla poltrona di casa.

Luisa Espanet

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