L’eredità di Stramare? Occhiali belli, fatti bene e indossabili

Il noto designer italiano, attivo per quasi mezzo secolo alla Faoflex di Segusino, è scomparso nei giorni scorsi dopo una lunga malattia

«Fabio ha lasciato un segno nell’occhialeria italiana? Sicuramente sì, soprattutto in quella di ricerca». Così Cristiano Zanella, titolare della Faoflex, sintetizza a b2eyes TODAY l’eredità di Fabio Stramare (nella foto), venuto a mancare il 4 giugno scorso. «Sono tanti i clienti che lo ricordano, non solo per le sue intuizioni creative, ma anche per il rapporto che aveva instaurato con loro: andava dagli ottici con una sorta di valigetta, un kit per mostrare come si fa l’occhiale a mano, in maniera artigianale, partendo da un pezzo di acetato fino al prodotto finito», aggiunge Zanella, che ha iniziato la collaborazione con il designer nel 1996, quando prese in mano le redini dell’azienda di famiglia.

«Fabio, nato a Segusino, in provincia di Treviso, nel 1958, era entrato in Faoflex nel ’74: dopo qualche anno di gavetta mio padre ne intuì le doti e dal ’77 divenne socio, prima con ruoli di responsabilità tecnica, successivamente da creativo vero e proprio - racconta ancora Zanella - L’impresa nasceva come contoterzista, per cui Fabio ha collaborato una ventina d’anni con tutti i clienti, fino al salto di qualità nel ’96, quando decidemmo di lavorare per alcuni grandi gruppi dell’eyewear. Ricordo ancora quando si confrontò con Michele Aracri e Bruno Palmegiani, rispettivamente amministratore delegato e designer di De Rigo, per realizzare un occhiale ispirato al pizzo dell’underwear del brand La Perla, appena entrato nel portafoglio licenze del gruppo di Longarone: Fabio propose delle particolarità stilistiche originali, che furono apprezzate e accolte dal cliente».

La svolta di Faoflex del 2008, quando decise di firmare la sua prima licenza, con il marchio Germano Gambini, proiettò Stramare in una sfera ancora più innovativa. «Era sulla stessa lunghezza d’onda di Gambini, un pioniere dell’occhialeria italiana - dice Zanella – Due anni dopo lanciammo il primo nostro brand, Dandy’s, la vera creatura di Fabio, con il quale ha potuto esprimere tutta la sua potenzialità stilistica e la sua inventiva, con montature belle e fatte bene, come piacevano a lui».

Tra i molti che hanno lavorato con lui c’è Nicola Di Lernia, il quale lo definisce un visionario alla Fellini, che sosteneva come «l’unico vero realista fosse il visionario: Fabio lo era, realista, salvo poi prendere il volo per nuove scoperte – afferma Di Lernia al nostro quotidiano - Ebbi il piacere di osservare lui e Germano Gambini, agli ultimi scorci della sua vita, parlare, quasi danzare su come pensare e fare un occhiale. Perché Stramare, cresciuto come Steve Jobs in un garage proprio a fare occhiali per poi costruire insieme a Cristiano Zanella un'azienda internazionale come Faoflex, li faceva belli ma soprattutto magnificamente indossabili. Come uno dei suoi primi Dandy’s, che custodisco ancora: quando lo portavo, nero, quadrato, spesso, chi non mi conosceva mi prendeva per un architetto. E io pensavo a lui, alla sua genialità: addio Fabio, da designer e artigiano dell'occhiale hai un grande privilegio, perché a volte il tempo offusca le persone, ma le loro creazioni non verranno mai dimenticate».

Angelo Magri

Professione