The Lens of Time: forme, materiali e colori dell’eyewear in 150 pezzi storici

Il 7 maggio, davanti a un pubblico di figure istituzionali, addetti ai lavori e giornalisti, e con la conduzione di Martina Colombari, è stata inaugurata la mostra ideata e promossa da Anfao, con la curatela della Fondazione Museo dell’Occhiale e la collaborazione della Fondazione di Venezia e della Fondazione M9-Museo del ’900

L’occhiale è passato ma soprattutto futuro: questo mette in evidenza la mostra The Lens of Time-The History of Eyewear in Italy, nell’appena restaurato Palazzo Flangini a Venezia, il primo palazzo che si incontra sul Canal Grande uscendo dalla Stazione. Nella locandina l’occhiale è una clessidra, uno degli oggetti più rappresentativi dello scorrere del tempo. «Simbolo, status, accessorio di moda, dispositivo medico, oggetto d’arte, testimone di evoluzioni tecnologiche riflesso di bisogni sociali, culturali, estetici», ha detto dell’occhiale Lorraine Berton, presidente di Anfao, ricordandone l’importanza nella storia, per la popolazione del Bellunese e come simbolo del made in Italy. Gli oltre 150 pezzi esposti «sono il risultato di secoli di manifattura, d’innovazione continua, di una creatività unica che tutto il mondo ci riconosce», ha ribadito Nicola Belli, vicepresidente dell’associazione di categoria. Un patrimonio da preservare, valorizzare e trasmettere alle nuove generazioni. Questo anche l’obiettivo della Fondazione Museo dell’Occhiale di Pieve di Cadore, alla quale è stata affidata la curatela della mostra e da cui provengono molti dei pezzi esposti (nella foto sotto, uno scorcio), come ha ricordato il suo presidente Vittorio Tabacchi. Gli altri pezzi fanno parte della collezione della famiglia Vascellari e della collezione “Arte del vedere” di Lucio Stramare.

Si parte dal Medioevo. A questo proposito, intrigante l’intervento dello storico dell’arte Jacopo Veneziani sull’origine fiorentina e non veneziana degli occhiali, dovuta a una lapide in pietra nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Ritenuta però dai più fake news. O ancora le sue segnalazioni sugli occhiali nella pittura: dai primi dipinti dove sono indossati dai santi, ai più recenti come quelli del triplice autoritratto di Norman Rockwell. In mostra dai capostipiti medioevali, senza aste, come quelli di Sean Connery ne Il nome della rosa al fashion eyewear anni 90. Passando dai fassamano (da face-à-main, da tenere in mano) ai ciondoli che diventano occhiali, a quelli da legare con cordini, dalle lorgnette alle piccole lenti per signore inserite nei ventagli. Dagli occhiali del 700 con lenti verdi per difendersi dai raggi solari, quando non si sapeva dei raggi ultravioletti, ai vetri da gondola con manico usati dalle dame veneziane per ripararsi dal sole e non abbronzarsi “come le contadine”.

Interessante anche l’evoluzione dei materiali. Da ferro, rame, ottone, corno, argento e avorio alle materie plastiche e la celluloide. Alla fine degli anni 40 e soprattutto nei 50, arrivano da Hollywood gli occhiali a farfalla e i cat-eye. Per continuare con le maschere per lo sport, tra cui quella di Lady Gaga-Patrizia Reggiani in House of Gucci, fino ai più eccentrici come quelli di Jean Paul Gaultier con le aste-forchetta o quelli di Moschino. A completare la mostra due installazioni di Maurizio Paccagnella: “Trasparenze” ispirato alle montagne del Cadore, realizzata riutilizzando l’acetato delle montature e “Sguardo nel Tempo” con occhiali che evocano gli sguardi di chi li ha indossati, inseriti in un pannello fluido, omaggio alla laguna di Venezia.

La mostra, patrocinata dal ministero delle Imprese e del Made in Italy, fa parte del programma ufficiale della Giornata nazionale del Made in Italy e del calendario della Biennale di Architettura 2025: a ingresso gratuito, chiude il 30 luglio (nella foto principale, da sinistra: Vittorio Tabacchi, Lorraine Berton, Carlo Boffi Farsetti, vicepresidente della Fondazione di Venezia, Nicola Belli e Martina Colombari).

Luisa Espanet

Professione