Questo interrogativo non ha una risposta immediata, ma è importante porselo: non pensare, quindi, solo al posizionamento differenziante sul mercato del nostro prodotto ma anche al fattore chiave per cui un collaboratore ci sceglie e condivide i valori aziendali che portiamo avanti.
Tutto ciò è rappresentato dall’internal branding, con l’obiettivo di creare un ponte tra il marketing e le risorse umane di una società. O, nel caso di realtà familiari, di aiutare l'imprenditore a presentare al meglio sé stesso e la propria “creatura” offrendo la sua migliore veste. Perché attualmente, nell’ambito di un colloquio di lavoro, chi sceglie non è più solo chi sta alla scrivania, con il suo vecchio “le faremo sapere”, ma anche colui che ascolta, fa domande e poi replica con un serafico “ci penserò”. I dipendenti di una società sono oggi una sorta di Tripadvisor per le persone che vogliono intraprendere un nuovo percorso professionale. Esiste ad esempio un portale, Glassdoor, dove i lavoratori, attraverso le proprie recensioni, condividono in forma anonima le proprie esperienze presso i luoghi di lavoro, mettendo spesso in evidenza i malesseri portati a casa dall’ufficio.
Sta dunque mutando il mondo? Quello dell’impiego certamente. Come disse dopo la pandemia Papa Francesco, “non stiamo vivendo un'epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca”. Per cui gli imprenditori facciano brand anche all’interno, definiscano un manifesto del perché lavorare in azienda e lo condividano con lo staff prima ancora che con il mercato. Solo così nei centri ottici si avranno persone felici e che viaggiano verso una meta comune.
Nicola Di Lernia