Il sentimento di erosione dell’oculista

Cosa ci fanno due viceministri, i presidenti di Anfao, Anfao Lenti e Federottica, luminari dell’oftalmologia, ottici indipendenti e manager del retail e della ricerca, tutti insieme sul palco del centro congressi di Fieramilano Rho in occasione di Mido? Danno uno sguardo al futuro

Le due tavole rotonde del convegno tenutosi il primo giorno di Mido hanno avuto un parterre di assoluta eccezione. Mondi che spesso si confrontano su tavoli in grado di decidere il nostro futuro. La politica con l’industria, ad esempio. La missione di proteggere, supportare e custodire la produzione italiana nel mondo, come il made in Italy dell’eyewear, è una prerogativa anche del governo. Ma la sua difesa risulta ancora lontana dall’essere una conquista definitiva anche per il nostro occhiale, come ha sottolineato Domenico Concato.

Allo stesso tempo il mondo dell’oftalmologia e dell’ottica e optometria si confrontano a distanza su tavoli quotidiani di studi professionali, dove determinano il futuro della visione degli italiani. A Mido i luminari dell’oculistica, in primis il presidente degli specialisti pediatrici, Paolo Nucci, hanno chiarito il loro sentimento di rispetto ma anche di distanza dall’ottica, se questa entra nel loro perimetro professionale. Su quei tavoli, tuttavia, spesso c’è un grande assente. Il cittadino, come lo chiamerebbe la politica, il consumatore per l’industria, il paziente per il medico, il cliente per l’ottico. Tante definizioni diverse, ma il soggetto è sempre lo stesso. Lo stesso soggetto che sta però fuori da tutte le sale dei bottoni, ad aspettare una buona novella. Eppure gli italiani hanno ancora molta fiducia nel futuro. Il 56esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del paese, del dicembre 2022, dichiara che per due italiani su tre il futuro del sistema sanitario nazionale, grazie alle lezioni della pandemia, migliorerà. E il 92% afferma di avere molto o abbastanza fiducia in chi li cura. Con una avvertenza: per oltre il 94% è molto o abbastanza importante avere una maggiore personalizzazione della cura.

Io un sogno lo avrei. Che quel cittadino, consumatore, paziente, cliente diventasse per tutti semplicemente una persona. La stessa persona. E che tutti le potessimo dedicare qualcosa di prezioso: tempo per il suo futuro. In particolare, desidererei che la classe medica e quella ottico optometrica potessero veramente mettere quella persona al centro dei loro tavoli. L’oculista cita spesso la parola erosione della sua professione, quando parla del suo rapporto con l’ottica. È un sentimento che condivido ma, se al centro della questione ci metto la persona, questo sentimento viene mitigato dal fatto che l’ottico è sulla strada, accessibile a tutti e rappresenta un primo aiuto immediato in casi di malessere visivo.

La nostra società è in costante movimento, i ruoli cambiano con le esigenze delle persone, le leggi vanno adeguate al futuro. La parola cura oggi è appannaggio della classe medica. A sua volta, però, l’aver cura è diventato sinonimo di aiutare la gente, sempre nel rispetto dei ruoli, delle competenze e degli studi svolti. Ma l’ottica e l’optometria in Italia di passi avanti in questi anni ne hanno fatti parecchi: non tutti si sono impegnati in tal senso, ma molti sì.

Forse è il momento di riaprire i tavoli dell’oftalmologia e dell’ottica chiedendo aiuto anche all’industria dell’occhiale e alla politica della salute e dell’economia, rispettivamente nel ruolo di mediatori e propositori. E di iniziare tutti ad ascoltarsi. Perché, come diceva Winston Churchill, “il coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare; il coraggio è anche quello che ci vuole per sedersi e ascoltare”.

Nicola Di Lernia

Professione