Etnia Barcelona e Open Arms: insieme per una campagna salva vite

L’azienda di eyewear e l’organizzazione non governativa che conduce operazioni di salvataggio in mare, entrambe spagnole, lanciano un occhiale nell’ambito di un progetto di solidarietà, Open Eyes: lo scopo è narrare e dare voce al lavoro generoso e coraggioso di chi tenta di aiutare le persone che cercano una vita migliore per sé e per le proprie famiglie

L’alleanza fra Etnia Barcelona e Open Arms sorge in modo naturale tra due realtà che condividono città, valori, intenti, ma soprattutto un obiettivo comune: fare di questo mondo un posto migliore. Frutto di questo progetto è un unico modello di occhiali dalla forma tonda oversize (nella foto): in acetato biodegradabile rosso, è dotato di alette sui lati che simulano il gesto di ripararsi dalla luce del sole con le mani per mettere a fuoco meglio e vedere l’orizzonte, mentre il terminale è ispirato alla forma della prua dell’imbarcazione di salvataggio Open Arms ed è munito di un cordino in neoprene come accessorio. Tutti i profitti derivanti dalla vendita degli occhiali andranno interamente all’organizzazione non governativa spagnola.

Parallelamente è iniziata la campagna Open Eyes con un viaggio di cinque giorni al campo profughi di Malakasa e Ritsona in Grecia, ad Atene. «Entrare in un campo profughi, guardarli negli occhi, imparare dalla loro generosità e lavorare insieme nella costruzione di un nuovo spazio di riflessione e dibattito è l’inizio di un lungo viaggio: aprire gli occhi sulla grande problematica della crisi migratoria - spiega un comunicato del brand spagnolo - Ma in tutte le crisi ci sono opportunità e la Fondazione Etnia Barcelona, con Open Arms e il team di ricerca del Public Protest Poster, che trova libera espressione attraverso muri e facciate dismesse, cerca di rendere visibile questa realtà attraverso degli occhiali, costruendo ponti, aprendo occhi e braccia: questi messaggi riempiranno le strade di Barcellona, di Madrid, di Milano e di Parigi e vedranno la luce sotto forma di documentario».

(red.)

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