Cosa hanno in comune Toro Seduto e Steve Jobs?

Lo rivelerà domenica 1° marzo alle 17.30 a Mido 2020, presso l’Otticlub, un libro (nella foto), pubblicato da Fabiano Gruppo Editoriale, che ho realizzato insieme a Massimo Barberis, noto manager del settore, e che verrà presentato dalla giornalista scientifica Michela Vuga: un’esplorazione delle tribù del consumo di ieri e oggi con due importanti case history dell’occhiale

Probabilmente non ce ne rendiamo conto ma molti di noi appartengono a una tribù di consumo e ogni tribù ha il suo leader. Da Toro Seduto, il cui unico scopo era la conservazione della propria stirpe, a Steve Jobs, che ha creato una tribù di consumo intorno a una mela. Quando pensiamo alle tribù, vediamo un grande cerchio, dove si raccolgono migliaia di persone intorno a un totem e a una persona fuori dal comune, in un’ampia piazza o all’interno di un grande edificio.

Se il leader della tribù vuole costruire intorno a sé una solida tribù deve per prima cosa distribuire fiducia. Sul suo pensiero, sul suo prodotto, sulla filosofia di vita che intende proporsi e proporre. In questi anni e in quelli a venire il forte senso d’individualismo, che sfocia nell’implosione nel proprio smartphone a discapito del dialogo e nell’aumentato numero di single a discapito delle famiglie numerose, le persone nonostante tutto hanno ancora bisogno di fari. Il leader ha l’obbligo di tenere accesa costantemente la luce per illuminare la propria tribù e indirizzarla dove il futuro è migliore.

Quali sono gli elementi concreti di un capo tribù, che sia un politico, un imprenditore o un uomo qualunque? Per prima cosa la sfida con sé stessi. La volontà di poter dare a sé e agli altri un segnale. Un leader non nasce, lo diventa grazie agli altri. Questo percorso implica da parte del leader un approccio sistemico alla vita fatto di piccoli e costanti passi per un grande cammino verso un vasto orizzonte. Non è un viaggio da poco ma è molto remunerativo sia sul piano morale sia quello materiale.

Ferma restando la dura necessità che il leader abbia ideali sani e che i suoi segnali indirizzino i membri della propria tribù verso un futuro migliore di quello di oggi, la tribù in questi anni ha dimostrato di affiliarsi velocemente anche grazie alla tecnologia dell’informazione e, allo stesso tempo, di sfilacciarsi ai primi segnali controversi. La coerenza, oltre alla fiducia che instilla, è il secondo punto di forza del leader. Dove non c’è coerenza non c’è leadership, quindi tribù. La fiducia alimenta gli sforzi e i sogni. E, per concludere, l’appartenenza è il terzo ingrediente magico. Appartenere a qualcosa d’importante è lo scopo dell’umanità. Sebbene la vena individualista imperversi, l’essere umano è un “animale” da branco, quindi da tribù, e le tribù esisteranno sempre, sino alla fine del mondo.

Possiamo diventare anche noi dei capi tribù con attorno tanti che ci stimano e ci concedono la loro fiducia condividendo i nostri valori? Direi di sì. Un professionista stimato dell’ottica è già di fatto per il suo pubblico un capo tribù. Guida i propri clienti verso il miglior futuro visivo possibile. Li illumina con informazioni chiare, pulite, autorevoli, è a loro disposizione nei momenti di difficoltà e li accompagna alla soluzione dei propri problemi. Importante oggi è che il professionista sia in grado di gestire il flusso di informazioni e relazioni con la propria gente facendo uso degli strumenti sopra citati: fiducia, leadership, coerenza. Appartenere a questa tribù permette alla gente di essere rassicurata sul proprio percorso visivo. Occorre riflettere sulla figura del capo tribù e sulla sua tribù. Potrebbe rivelarsi per il mondo dell’ottica una forma visionaria dello stare insieme.

Nicola Di Lernia

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