Mandategli un calzino solo

Il 2021 è per l’ottica l’anno del revamping, che di fatto si concretizza nel ritorno del Crm

Crm sta per Customer Relationship Management, che si può tradurre nel concetto di trattare clienti diversi in maniera diversa. L’idea è semplice, metterla in pratica no. Certo, la tecnologia ha fatto passi da gigante in questo campo: software pagati a caro prezzo da chi li ha scelti, ripagati alla grande da chi è riuscito a utilizzarli al meglio. Ma il Crm non è solo questo: è prima di tutto una filosofia d’impresa, un approccio verso il consumatore finale da parte dell’intera azienda. Non serve a nulla dotarsi di chiodi e martello. Occorre in primis avere il quadro giusto da appendere.

Il Crm per gli italiani ha sempre avuto un retrogusto amaro. Un paese latino, fatto di legami personali, non può apprezzare appieno uno strumento tecnologico che si curi della relazione con il proprio cliente. Per troppo tempo molti si sono arroccati sul fatto che il rapporto stava esclusivamente nel loro campo fisico e personale. Senza considerare che così facendo si perdeva, soprattutto nel vista, il contatto con il portatore per almeno tre-quattro anni. Non si considerava, in pratica, che la relazione va tenuta anche a distanza, quando il consumatore non è presente in negozio: e nell’ottica, salvo l’eccezione delle lac, rimane lontano da noi per troppo tempo. Ma troppi professionisti ritenevano che newsletter e sms fossero l’unica cosa saggia che si potesse fare utilizzando un database.

Il Crm per il marketing è, invece, una scienza conclamata come le 4P rese celebri da Philip Kotler. Vi si lavora in quattro fasi: identificare, differenziare, interagire e personalizzare il rapporto e la vendita con l’utente finale. Se non si parte da questi quattro passi, non si impara la danza. Se non si mette la musica giusta, se non si applica la filosofia dell’eccellenza del servizio al consumatore, si balla la rumba sulle note del valzer. Perché il Crm è una cosa seria e come tale può portare a risultati economici eccellenti. Come, ad esempio, arricchire il patrimonio clienti in database attraverso la focalizzazione sul percorso di valore che ognuno di loro ha realizzato in un arco di cinque anni. Considerarli non per lo scontrino, ma per il potenziale è la chiave del Crm. I processi di automation marketing sono i grandi alleati, perché nessun essere umano è in grado di custodire e utilizzare tante informazioni quante quelle di un computer. Quindi, se si ha un database, se si vuole sfruttarlo al meglio affinché renda 10 e non 5 ogni anno, se si desidera trattare ogni cliente diversamente e dare a ciascuno un valore potenziale per raggiungerlo attraverso l’automation marketing, allora siamo sulla buona strada.

C’è chi ha visto crescere il Crm negli anni 90, quando ci si poteva permettere poche, costose ma allo stesso tempo entusiasmanti operazioni di direct mailing via posta rispetto alle immediate azioni digitali di oggi. Come quella volta in cui, seguendo i consigli di un esperto di direct marketing, inviai ai miei clienti un calzino solo, invitandoli a venire a ritirare il secondo in negozio. Il Crm è filosofia, tecnologia, ma anche tanta creatività. È il futuro dell’ottica post pandemica.

Nicola Di Lernia

Professione