Benvenuti nella “virus economy”

Molti ci hanno provato in tutti i modi, a tornare alla vecchia normalità. Alcuni hanno rivisto la propria zona di comfort quel tanto che serviva allo scopo. Pochi hanno capito che la “tempesta perfetta” non ci permetterà di spostare ancora indietro di un’ora le lancette e tanto vale accettare che siamo entrati in una nuova era

Il Covid-19 non colpisce solo le persone anziane o chi già accusa patologie importanti. Oggi colpisce le grandi città come Milano e Napoli. Come se fossero state portatrici asintomatiche di gravi problematiche come lo smog, lo stress, il traffico e ci avessero convissuto senza procurarsi troppe ansie. La “tempesta perfetta”, per citare Giuseppe Stigliano, ha colpito Milano come un’ascia medievale la testa di un condannato. La stima dei danni esposta sul Corriere della Sera dal Dataroom di Milena Gabanelli parla di oltre 10 miliardi di euro oggi in fumo per il capoluogo lombardo. Quando nel 2019 Milano viaggiava a gonfie vele, gli hotel avevano un’occupazione di camere pari al 75%. Ora siamo al 20% con una media di 100 euro a notte contro i 125 euro dell’anno scorso. Il volume d’affari delle fiere generava nel 2019 circa 3 miliardi di euro. Oggi ne manca all’appello il 70%. Se parliamo di botteghe, lo shopping decapitato dal turismo perde più dell’indotto delle manifestazioni fieristiche: quasi 4 miliardi di euro con a rischio chiusura dai 350 ai 400 punti vendita su oltre 2.500. I focolai della prima ondata, partita da Codogno, hanno parzialmente investito Milano sul piano sanitario, ma hanno cominciato a iniettarle la “virus economy”. Spostandoci leggermente, le cose possono cambiare parecchio. Il Veneto, ad esempio, oggi appare in grado di gestirla con strategie e mezzi diversi. In sostanza piccolo è bello, come la nostra ottica.

La distribuzione capillare dei centri ottici in Italia, il loro numero elevato, le metrature ridotte, le gestioni familiari hanno di fatto creato una corazza agli effetti economici del Coronavirus. Quasi per tutti. Ecco perché il comparto ha faticato, salvo pochi e importanti episodi, a modificare la propria zona di comfort in attesa del “cavaliere bianco”, cioè del vaccino, che tuttavia all’orizzonte non si vede. Resta perciò solo da giocare una carta: diventare un po' più grandi. L’ottica del solo occhiale da vista, qualche sole e un poco di lenti a contatto pare ormai consunta dal Covid. Alla fine del 2021 avremo un consumatore molto più attento alla propria salute e molto più esigente sulla propria vista, che lo ha sorretto nel crash test dello smart working.

Occorrono tre cambiamenti essenziali per essere all’altezza della “virus economy”. Il primo è modificare la relazione con il medico oculista, diventando leader della comunicazione della visione, non intesa come attenzione alle patologie ma agli strumenti di correzione. Il secondo è studiare di più quello che serve, abbandonare lo storytelling a vantaggio dello storydoing, ponendo il rispetto degli altri all’apice della piramide dei nostri rapporti con il mondo. Infine, accettare definitivamente che l’ottica passi dalla benzina all’ibrido, sperando che abbia già lasciato il gasolio da tempo. L’ibridismo non è il fisico abbinato al digitale. È immergere noi stessi nel fiume digitale e diventare parte del suo mondo attraverso le nostre capacità umane. Questa è una cura possibile. Forse non sarà sufficiente per affrontare la “virus economy”, ma è un punto di partenza per vedere se siamo all’altezza di un vero cambiamento.

Nicola Di Lernia

Professione