Cinque cose che l’ottica non dovrà dimenticare dopo la pandemia

Il 3 giugno 2020 ci promette di riportarci a una normalità accantonata nei precedenti 90 giorni. Non usiamola però per cancellare i segnali che abbiamo raccolto in questi tre mesi. Fragilità e opportunità che stavolta il nostro settore deve saper sfruttare

La tentazione è forte. Tornare quelli di prima. Sebbene il 100% di noi se ne lamentasse. Sappiamo però che esiste la sindrome di Stoccolma, in cui il prigioniero si innamora del proprio sequestratore. E il mondo pre Covid di fatto era un po’ un sequestratore del nostro tempo e delle abitudini migliori. Certamente il mondo che la pandemia ci restituisce in questi giorni non può essere cambiato abbastanza per costringerci a fare altrettanto. La voglia di manomettere alcuni ingranaggi del passato spetta ancora a noi. È una sfida interiore che non lascia alibi. Se vogliamo affrontarla ce la dobbiamo ripromettere. Subito. Ecco cinque cose che l’ottica non dovrebbe dimenticare di manomettere dal passato pre coronavirus.

Il ruolo sociale dell’ottico, inteso come categoria, è centrale in situazioni di emergenza come quella che abbiamo passato: se nella mente della gente sconfina nel commerciale puro, abbiamo ancora una volta perso un’opportunità di riconoscibilità. Risulta essenziale oggi riaffermare questo ruolo, anche individualmente, affinché il pubblico sappia chi è veramente un ottico e quale aiuto possa ottenere da lui.

Le categorie merceologiche in prima fila non possono essere più legate esclusivamente alle montature. Si rischia così di mettere il carro davanti ai buoi. La pandemia deve insegnarci che i nuovi beni primari sono la salute e la sicurezza, non l’estetica. Dobbiamo riprendere a fornire servizi ai clienti e non a vendere solo occhiali, a ridare dignità alla tecnica e in secondo luogo all’estetica.

Essere più vicini alle richieste di salute e di sicurezza della gente: anche un salumaio che propone prosciutto senza glutine pensa alla salute dei propri clienti celiaci, perché l’ottico non può fare scelte importanti verso questa direzione, nell’ambito delle proprie competenze professionali?

Essere più strategici e visionari, ovvero meno meccanici e più spirituali. Non si può vivere più di soli occhiali da vista nel mondo post pandemico. Occorre farsene una ragione. Il futuro ci obbligherà a uno scontrino medio più basso, non perché la qualità dell’occhiale completo diminuirà, ma per via di maggiori vendite di prodotti da banco e di servizi.

E se vogliamo chiudere in bellezza, proprio di servizi dobbiamo parlare. Durante il lockdown la piccola distribuzione ha riscoperto la consegna a domicilio dopo che Amazon le ha spezzato la schiena per anni con corrieri che in 24 ore portano a casa prodotti introvabili. L’ottica ha disinvestito dal creare e fornire servizi a una popolazione italiana sempre più anziana. Un errore da dilettanti. Oppure da annoiati. Se per qualcuno ricordare gli anni 80 è ancora un tema piacevole da aperitivo, dagli anni 90 in poi un processo di consapevolezza dei rischi che stiamo affrontando tutti insieme va messo in preventivo. Guerra del Golfo, Torri Gemelle, crisi delle banche. Passaggi che finora ci hanno segnato e mai cambiato in meglio. Se succederà anche oggi nel post Covid, mi sorge il dubbio che non basterà la ricerca di un vaccino contro il prossimo virus per risolvere i nostri problemi. Va alzata l’asticella, per chi ne ha voglia e coraggio.

Nicola Di Lernia

Professione