I dazi delle paure

Una grande spallata alla globalizzazione l’ha data la pandemia e oggi una seconda, ancora più robusta, l’hanno inferta le prime decisioni americane relative alle nuove tariffe sull’export negli Usa, momentaneamente sospese. Cosa nascerà da questo caos commerciale mondiale?

Se l’America di Donald Trump si è messa a contare quanto ha speso per la guerra, la mossa sui dazi ha verosimilmente bruciato sulle Borse un importo ancora maggiore i primi giorni dopo l’annuncio: nei numeri che scorrevano sui telegiornali si parlava di percentuali e di indici azionari, ma non del livello di paura che ha generato nella gente e sui loro consumi e aspettative di qualità della vita. C’è chi ha preoccupazione del mantenimento del proprio impiego e di conseguenza delle proprie capacità di far fronte agli impegni presi, chi dei propri risparmi e conta le potenziali perdite economiche mettendo in stand by ogni acquisto importante. Potremmo chiamarli i dazi delle paure, che ancora non si contano sulla bilancia commerciale di ogni paese coinvolto in questa sorta di tempesta perfetta. Neppure in quella statunitense, benché i primi sintomi di rigetto si siano già registrati anche da loro e lo stesso Trump abbia deciso la sera del 9 aprile, una settimana dopo l’annuncio, di congelare per 90 giorni la situazione in essere.

Cosa aspettarci dall’Italia e in particolare dall’ottica alla luce di questo caos? Se pensiamo al nostro mercato come anticiclico alle crisi - sebbene la spallata di oggi sia quella di un gigante - corriamo meno rischi di altri, ad esempio l’abbigliamento o l’accessorio moda, con i quali condividiamo la scelta della montatura. Ma, si sa, nelle vetrine dei centri ottici ci sono prevalentemente occhiali e non benessere visivo.

Dario Di Vico su Corriere Economia ricorda che, secondo i dati Istat, il clima di fiducia delle famiglie italiane, misurato a marzo 2025, era già calato in un mese da 98,5 a 95. Benché da noi con l’arrivo della bella stagione generalmente aumentino la fiducia e l’ottimismo, i dazi delle paure saranno difficili da smontare. Soprattutto se, come afferma sul suo blog l’esperto di industria e grande distribuzione Mario Sassi, “nel 2019 la spesa totale era di 124 euro, nel 2025 la stessa spesa ammonta a 174 euro, con un incremento di ben 50 euro”, pari quindi al 40%. Da qui la strategia del “braccino corto” del consumatore che inizia a intravedersi anche nel settore ottico.

Pensiamo a quanto costava la busta con una montatura e due lenti nel pre-Covid rispetto a oggi. I dati presentati da Anfao a Napoli al Forum Presbiopia evidenziano che il prezzo medio di una lente monofocale dal 2019 al 2023 è passato da 64 a 75 euro (+17%), mentre una lente progressiva da 203 a 227 euro (+12%). Possiamo dire altrettanto delle montature? L’escalation dei prezzi delle griffe ha contagiato anche la produzione italiana dell’eyewear nel segmento fashion e commerciale, che, secondo il sentiment del mercato, sarebbe aumentato mediamente di circa il 20% nell’ultimo quinquennio, con punte del 30-40% per l’occhialeria di design o di nicchia.

Parlare di multidotazione e di rinnovo veloce dell’occhiale in questo stato di cose pare perciò utopistico se non addirittura fuori luogo.

Nicola Di Lernia

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