Design Summit: dallo smart working al nuovo senso dei progetti, il “buono” del lockdown

Il telelavoro, introdotto per molti solo di recente a causa della pandemia, non ha soltanto modificato le abitudini e di conseguenza le necessità visive degli italiani, ma ha anche indotto le realtà che si occupano di progettazione a ripensare il rapporto tra casa e ufficio. È stato uno dei temi maggiormente trattati nella sesta edizione dell’incontro di Pambianco “L’industria del design e la sfida della ripresa-L’impatto della crisi sui mercati e le risposte delle aziende”, che si è svolto in diretta streaming da Palazzo Mezzanotte a Milano il 14 luglio

Può sembrare un commento infelice e fuori posto, ma la pandemia, o meglio il lockdown che ne è conseguito, qualcosa di buono ha portato. Questo è emerso dal 6° Design Summit organizzato da Pambianco (nella foto, una fase dei lavori). Per tutta la mattina imprenditori, amministratori delegati, architetti, giornalisti si sono alternati in interventi e tavole rotonde, moderati da David Pambianco, amministratore delegato del gruppo. Sicuramente su tutti, pure se in modi diversi, la crisi ha pesato, ma è stato anche un momento di riflessione su come organizzarsi per il futuro. Il design ha sofferto meno della moda, anche se si è sentita la mancanza del Salone del Mobile, non tanto per la presentazione di prodotti, quanto perché è venuto meno quel momento di aggregazione e di confronto.

Uno dei temi trattati con maggiore frequenza è quello dello smart working. L’Italia è tra i paesi europei che l’hanno meno adottato in tempi normali. Con il lockdown si è visto come davvero può essere, grazie alla digitalizzazione, il modo di lavorare del futuro. E l’industria del design è la più coinvolta in questa trasformazione. Il suo obiettivo è rendere le case più flessibili a diventare anche un luogo di lavoro. «La casa deve entrare nell’ufficio, portandovi il benessere. I confini tra casa e ufficio sono sempre più labili e in questi tempi c’è stata un’accelerazione del processo», ha detto Alexei Dal Pastro, amministratore delegato Italia di Covivio, azienda francese in primo piano nel settore real estate europeo nei segmenti uffici, hotel e residenziale. Aldo Cibic, architetto di Cibicworkshop, ha parlato di una abitazione configurata in modo diverso e della necessità di capire quali sono gli oggetti che servono per la casa e quali per l’ufficio. In un prossimo futuro vede meno uffici e più luoghi di coworking. Giulia Molteni, responsabile marketing e comunicazione di Molteni Group, ha ribadito l’importanza di rivalutare e rivedere gli spazi e di progettare mobili e oggetti trasversali casa-ufficio. Anche Stefano Boeri, architetto e urbanista, nonché presidente della Triennale di Milano, ha insistito sulla necessità di ripensare il rapporto casa-ufficio e di creare spazi domestici sempre più flessibili. Da urbanista ha anche parlato di Milano e di come la città debba riconquistare il concetto di metropoli. Si deve valorizzare il fatto che sia un arcipelago di quartieri, ognuno con la sua autosufficienza. Il centro di Milano poi deve essere rigenerato, bisogna riportarvi la residenza. Il patrimonio di uffici del centro deve essere trasformato in un residenziale misto e coworking, indirizzato soprattutto ai giovani. Come è stato fatto a Berlino e a Barcellona.

Luisa Espanet

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