Made in Italy, ora è tutto chiaro (tranne che per gli occhiali)

È attiva finalmente l’etichetta. Su scarpe, borse, arredo per la casa e abbigliamento troveremo il luogo d’origine di ciascuna fase di lavorazione della merce che stiamo acquistando. Il testo della legge, che deve passare ancora l’approvazione in Senato, stabilisce, infatti, che «nell’etichetta dei prodotti finiti e intermedi l’impresa produttrice deve fornire in modo chiaro e sintetico informazioni specifiche sulla conformità dei processi di lavorazione alle norme vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e di sicurezza dei prodotti, sull’esclusione dell’impiego di minori nella produzione, sul rispetto della normativa europea e sul rispetto degli accordi internazionali in materia ambientale».
E per gli occhiali? A quando un’etichetta che ne indichi esattamente la provenienza? B2eyes.com ha chiesto alla principali associazioni di categoria e strutture territoriali dei produttori di occhiali una valutazione sul tema: la risposta è stata il silenzio assoluto o il delegare all’associazione nazionale, l’Anfao, che, però, non ha voluto rilasciare commenti in merito.
A spiegare chiaramente la situazione è Giorgio Cannara (nella foto), presidente di Fiamp, la Federazione italiana accessorio moda e persona, che raccoglie la stessa Anfao, l’associazione dei produttori di scarpe (Anci), pelletteria (Aimpes), pelli (Unic) e oreficeria (Federorafi). «Gli occhiali rappresentano un mondo a sé e numerosi sono i dibattiti sulla questione made in Italy tra le associazioni di categoria e anche all’interno delle stesse», spiega a b2eyes.com Cannara che individua due correnti: i “puri” che considerano il concetto di made in Italy legato alla semplice manualità e realizzazione del prodotto e chi, invece, ritiene che la ricerca, l’ideazione del prototipo e la commercializzazione siano le fasi che definiscano il made in Italy al di là della mera produzione. «Come Fiamp ci riteniamo particolarmente soddisfatti della nuova legge in materia – aggiunge Cannara – In questo modo, infatti, il consumatore sa cosa sta acquistando e sarà lui a decidere cosa e dove comprare».
A.M. e F.T.

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