Moncler: il piumino dei paninari ha comprato Stone Island

Entrambi italiani e sinonimo di lusso sportivo, entrambi hanno strizzato l’occhio all’eyewear: il primo, dopo la partnership con Allison, ha siglato un accordo di licenza nel 2015 con Marcolin e rinnovato in anticipo sino al 2025 (nella foto, un'immagine di campagna); il secondo, dopo la breve parentesi avviata nel 2012 con EG Brands, ha collaborato lo scorso settembre con Persol per un modello in edizione limitata

Due nomi stranieri, in realtà due aziende italiane, insieme per un progetto di sicura spinta per il made in Italy. Moncler ha comprato Stone Island. Il nome Stone Island è assolutamente di fantasia, mentre per Moncler l’origine francese è vera. È l’abbreviazione di Monestier-de-Clermont, paese dell’Isère nelle Alpi francesi, dove nel 1952 sono nati i piumini diventati negli anni 80 “la divisa” dei paninari milanesi. Nel 2003 Remo Ruffini, attuale proprietario, rileva il marchio e lo porta al successo e alla quotazione in Borsa nel 2013. Il piumino resta, ma non è più un capo solo da sci o grande freddo. Diventa il filo conduttore di collezioni di tendenza che partecipano alle settimane della moda di New York, Parigi, Milano e poi con la nuova “connotazione” Genius si servono della collaborazione dei più creativi designer.

Stone Island, pur con un prodotto sportswear, invece da subito punta sul design di tendenza, mettendo insieme streetwear, lusso, hip-hop. Con uso di materiali inediti, trattamenti speciali, dettagli e forme eclatanti, ma funzionali. Tanto che la sua storia è diventata un libro. Creatura di Massimo Osti, geniale imprenditore bolognese scomparso nel 2005, Stone Island è stata rilevata nel 1983 da Carlo Rivetti, tra gli eredi del GFT, uno dei più importanti gruppi tessili italiani, dove ha lavorato per anni. Rivetti entrerà nel cda di Moncler. Mentre gli azionisti di minoranza di Stone Island, tutti della famiglia, investiranno nella Ruffini Partecipazioni, che prenderà il nome di Double R e di cui Remo Ruffini avrà il 82,5%, mentre Rivetti il 17,5%. Figlio d’arte lo è anche Ruffini. Il padre Gianfranco è stato, infatti, proprietario di un’azienda tessile con il suo nome e sede principale negli anni 70 a New York. Comuni basi familiari quindi e comune obiettivo: conquistare, con un’offerta variegata e di alto livello, un pubblico sempre più vasto e internazionale. In questo momento un grande esempio di resilienza.

Luisa Espanet

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