L’evento organizzato da Hoya il 10 giugno presso la Terrazza Martini ho voluto portare all’attenzione di classe medica, area ottica e stampa le problematiche legate al largo uso degli odierni device, anche in prospettiva futura
«Il mondo oggi è diverso da quello di dieci anni fa - ha detto in apertura Maurizio Veroli, amministratore delegato di Hoya Italia – Le persone trascorrono circa 8-10 ore davanti a uno schermo: è uno stile di vita che non possiamo ignorare e comporta una serie di conseguenze». È in questo contesto che s’inserisce ed è stata presentata lunedì scorso a Milano Sync, la soluzione oftalmica che previene e riduce l’impatto determinato dall’uso dei device sul sistema visivo, lanciata qualche mese fa da Hoya, che ha invitato sul palco quattro medici oculisti del calibro di Francesco Bandello, Lucio Buratto, Germano Genitti, Luigi Marino e il docente presso il corso di laurea in Ottica e Optometria dell’Università di Milano Bicocca, Andrea Pirotta.
Marino, direttore dell’Istituto Europeo dell’Occhio secco, ha evidenziato dati e tendenze sull’intensità e la frequenza della secchezza oculare e degli altri disturbi associati alla Sindrome da affaticamento visivo digitale. Buratto, fondatore e direttore del Centro Ambrosiano Oftalmico di Milano, oltre a sottolineare l’affaticamento visivo cui è sottoposto l’occhio, non solo durante le attività lavorative, ma anche in quelle di svago, ha illustrato la diffusione della miopia e le possibili implicazioni che la digitalizzazione concorrerà a generare. Il medico ha presentato uno studio internazionale da cui è emerso che nel mondo la popolazione miope passerà dal 25% attuale al 60% nel 2050. «Il nostro occhio non è abituato all’uso da vicino iniziato invece con la diffusione della stampa e dell’alfabetizzazione e oggi intensificatosi con l’introduzione degli strumenti digitali - ha spiegato Buratto - Il consiglio, soprattutto per quanto riguarda i bambini, è passare anche del tempo all’aria aperta».
Bandello, direttore della Clinica oculistica del San Raffaele di Milano, ha affrontato il tema dell’impatto degli schermi digitali sulla retina. «Non sono state ancora scientificamente dimostrate le conseguenze della luce blu sull’occhio umano: le ricerche richiederebbero anni di studi e di monitoraggio, sono quindi impossibili da eseguire perché necessiterebbero di un’esposizione cronica - ha sottolineato Bandello - Perciò ci si basa sui modelli, ossia analisi su cellule o su animali da laboratorio che a oggi hanno già evidenziato come la porzione dannosa della luce blu abbia un impatto negativo a carico della retina» (nella foto, il tavolo dei relatori: da sinistra, Pirotta, Genitti, Bandello, Buratto, Marino e Veroli).
F.T.