Secondo la Treccani era il complesso dei beni che la moglie, o altri per lei, portava al marito come contributo agli oneri del matrimonio. Nonostante l’istituto della dote sia stato abolito nel 1975, in un recente comunicato di Luxottica Leonardo Del Vecchio riepiloga i beni che confluiranno nel “matrimonio parigino”, usando proprio la parola dote
Il 30 gennaio, in una nota passata inosservata a molti, Luxottica ricordava a se stessa e al mondo dell’ottica quanto in questi ultimi quattro anni sia stato fatto da Del Vecchio e dal suo staff e il considerevole apporto che l’azienda di Agordo darà alla new entry, nata sotto il segno del comando. Se si trattasse di un vero matrimonio potrei comprendere le resistenze che lo sposo parigino affronterebbe con i familiari e gli amici dei bei salotti a convincerli che la sposa, proveniente da un paesino montano del Veneto, porta con sé valori sani, intelligenza e soprattutto ricchezza. L’amore, nella sua fase dell’innamoramento, è forte più delle barriere sociali, della mentalità della gente. Ma è sempre meglio mettere le mani avanti.
Ponendo così da parte confetti, menù e orchestra, la dote che elenca il Cavaliere, ovvero la sintesi di questi ultimi quattro anni, probabilmente travaglio anche di questo matrimonio, è eccellente. Tra i tanti punti ne scelgo tre. La digitalizzazione in particolare. Alcuni anni fa gli analisti premiavano Luxottica per i suoi risultati, ma le tiravano le orecchie per essere in ritardo su questo argomento cruciale. Nella nota l’azienda evidenzia che «ha cambiato modo di parlare con i suoi milioni di consumatori essendo oggi uno dei più grandi digital broadcaster privati con quindicimila vetrine digitali installate nei propri negozi e presso clienti ottici». Il secondo aspetto è legato al “complete pair”, ovvero all’abilità dell’azienda «di portare all’ottico una soluzione completa di lenti e montature attraverso un unico canale di servizio». Il terzo punto, direttamente dalla voce del Cavaliere, è il coro che lo accompagnerà all’altare della sua Notre-Dame: «ho realizzato l’obiettivo che mi ero prefissato di migliorare l’azienda in ogni sua parte, rendendola forte, piena di idee, tecnologia, passione e al tempo stesso capace di riportare il margine netto sopra la soglia del 10%. Questa è l’azienda che portiamo in dote a EssilorLuxottica, la nuova avventura cui intendo dare il mio pieno contributo».
Una dote che farà certo cambiare opinione ai salottieri parigini più ostici. Ma a noi, Cavaliere, semplici invitati o comparse alle nozze, cosa lascerà in dote per il futuro? A poche ore dall’apertura di Mido credo sia una domanda legittima. Certamente delle notti insonni. Essere un digital broadcaster piuttosto che un’azienda verticalizzata all’estremo (e ancora non ci siamo del tutto) deve farci riflettere sul ruolo che noi stessi rivestiremo nell’ottica dei prossimi dieci anni. La disponibilità economica agli investimenti in un’impresa forte e piena di idee non può che far presagire colpi di scena cui dobbiamo abituarci se non addirittura assecondarli, per non esserne travolti, a nostro consumo. In sostanza dovremo comprendere in fretta come Essilor e Luxottica intendano concepire il loro matrimonio: la mia sensazione è quella di una coppia molto aperta. Dalla sponda francese si acquisisce tutto fino a confondere i ruoli di mercato o, in alternativa, renderli vani. Qui nel Veneto, con maggiore attenzione alle tradizioni (nella nota la parola “ottico” compare spesso), se si potesse si completerebbe la verticalizzazione comprandoseli da soli i propri occhiali. Io, speriamo che me la cavo.
Nicola Di Lernia