Secondo le stime di Anfao, sulla base dei dati disponibili all’ottobre scorso, la produzione dell’occhialeria italiana nel 2022 è stata di 5,17 miliardi di euro, in crescita del 24% rispetto al 2021. Le esportazioni, che assorbono circa il 90% della produzione del settore, sono cresciute del 22,5%: quelle degli occhiali da sole hanno fatto segnare una variazione tendenziale del 28,9% attestandosi a quasi 3,4 miliardi di euro, con il recupero completo di tale segmento, che era stato particolarmente penalizzato nel periodo pandemico. Le esportazioni di montature da vista, invece, hanno fatto registrare un incremento del 9,9%, arrivando a 1,4 miliardi di euro (nelle tabelle).
Per quanto riguarda invece il mercato interno, i consumi, monitorati da GfK nel canale specializzato di ottica, hanno mostrato una crescita di circa il 6% rispetto al 2021. «Si tratta di valori che ci portano a una proiezione del 2022 di poco superiore al 2019, molto vicina a quei 3 miliardi di euro che sono da diversi anni il valore del mercato italiano - spiega un comunicato di Anfao - Si vede finalmente un recupero dell’occhiale da sole, che però viene controbilanciato da una poca brillantezza del comparto vista, che invece aveva recuperato particolarmente bene nel 2021 tornando ai valori precedenti. Si conferma il dato delle lenti oftalmiche, che rappresentano ormai il 50% del fatturato dei punti vendita. Anche il dato del sell in ribadisce queste tendenze».
Il presidente di Anfao e Mido, Giovanni Vitaloni, nel commentare questi numeri ha parlato in conferenza stampa di soddisfazione per l’andamento dell’anno appena trascorso, anche superiore alle attese, ma ha mostrato cautela nel valutare i prossimi mesi, di cui la fiera al via sabato prossimo sarà un termometro importante. «Non preoccupano fatturato e portafoglio ordini, che rimangono sostenuti per le aziende di eyewear italiane, quanto piuttosto l’aumento dei costi, un po’ su tutte le voci - ha dichiarato Vitaloni - Per questo motivo, in un’ottica di economie di scala, le grandi realtà si difendono meglio, mentre soffrono di più le piccole e medie imprese: ne consegue una forte riduzione dei margini, che mette a rischio gli investimenti».
(red.)