MIDO, IN 630 DA 45 PAESI

È il numero degli espositori che saranno presenti dal 30 aprile al 2 maggio a Fieramilano Rho: occuperanno cinque padiglioni e otto aree tematiche

«Dopo due anni di pandemia e alla luce della complessità del contesto geopolitico in cui stiamo vivendo, che inevitabilmente ci preoccupa dal punto di vista innanzitutto umano, le aziende del settore hanno un estremo bisogno di incontrarsi per trarre dallo scambio e dal confronto l’energia necessaria ad affrontare le sfide che ci attendono nei prossimi mesi». Così Giovanni Vitaloni (nella foto), presidente di Mido, analizza in una nota la situazione a un mese e mezzo dall’inizio della manifestazione, che torna dopo oltre tre anni di assenza a causa dell'emergenza sanitaria. «Il 2 aprile saremo alla Vision Expo East di New York per incontrare buyer, espositori e media della fiera statunitense e riallacciare rapporti che fino a oggi abbiamo potuto tenere soltanto a distanza», aggiunge Vitaloni.   

Nelle tre giornate della rassegna fieristica milanese sono previsti 630 espositori, provenienti da 45 nazioni di tutto il mondo, ripartiti in cinque padiglioni e nelle aree del Fashion District, Lenses, Design Lab, More!, FAiR East, Lab Academy, Start Up e Tech: qui saranno presentate le proposte dell’intera filiera dell’occhialeria, dai grandi brand alle realtà più piccole orientate all’innovazione e alla sperimentazione. Mido sarà anche l’occasione per fare il punto sull’andamento del settore e un bilancio di quanto la crisi geopolitica in atto avrà inciso non solo sul comparto a livello mondiale, ma sull’intero sistema economico: nella giornata di apertura del salone verranno illustrati i dati complessivi del 2021 e le previsioni per il 2022 dell’industria nazionale di montature e lenti oftalmiche. «L’eyewear italiano ha dimostrato reattività alla pandemia - commenta ancora Vitaloni - Lo scorso anno si è chiuso in positivo e abbiamo recuperato tutte le perdite dovute alla crisi sanitaria, riposizionando il settore con una piccola crescita tra l’1% e il 2% relativamente al valore della produzione e all’export».

(red.)

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