Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza è entrata nella sede romana dell’azienda di lenti a contatto: oggetto dell’indagine una serie di confezioni di lac, prodotte conto terzi, che ha coinvolto una ventina di clienti
L’indagine ha determinato il sequestro cautelativo della merce in oggetto: l’accusa è di uso mendace del “made in Italy”. Schalcon nel frattempo ha fatto ricorso alla Procura di Roma appellandosi a quanto disposto dal D.Lgs 46/97 in attuazione della Direttiva CEE 93/42 sui dispositivi medici, che richiede obbligatoriamente l’indicazione sulla confezione del fabbricante, inteso come responsabile della commercializzazione del prodotto. Questa circostanza, infatti, anche in altri ambiti, ha creato confusione ed è entrata in contrasto con quanto disciplinato dalla Finanziaria 2004 (Legge 350/2003) in materia di "made in Italy".
«La Direttiva CEE 93/42 è molto chiara: nell'etichettatura e/o confezionamento dei dispositivi medici va indicato il nome del fabbricante – spiega a b2eyes TODAY Silvia Stefanelli, avvocato di Bologna, specializzata in ambito sanitario – Con la nozione di fabbricante non si intende necessariamente chi ha realizzato il prodotto, ma chi (anche facendo realizzare il prodotto altrove) si assume la responsabilità giuridica della conformità alla Direttiva CEE 93/42. Diverso è l'obiettivo dell'impianto normativo che regolamenta il “made in”, che mira a tutelare le informazioni fornite al consumatore circa l'origine del prodotto. Ora, nella maggior parte delle confezioni di lenti a contatto disposable oggi sul mercato, sulla confezione, accanto al nome e all’indirizzo del fabbricante ex 93/42, viene apposto un simbolo che richiama l’immagine di una fabbrica, in base alla norma UNI EN ISO 15223-1:2016. In questo modo, però, il consumatore potrebbe essere indotto a credere che il prodotto sia materialmente realizzato in Italia, quanto meno la parte prevalente della produzione: se ciò non corrispondesse alla verità, se cioè il bene viene realizzato fuori dal territorio nazionale, vi può essere un rischio di violazione della disciplina sul "made in Italy"».
I vertici di Schalcon, interpellati dal nostro quotidiano, sono comunque fiduciosi in un esito positivo della vicenda, che preveda l'archiviazione del caso e il relativo dissequestro da parte della Procura di Roma.
A.M.