L’azienda di eyewear ha annunciato di sospendere la produzione nello stabilimento in Slovenia dal prossimo giugno, con la conseguente perdita di lavoro per 557 persone
«La già complessa situazione del sito sloveno a livello di riduzione di volumi, dovuta alla fine degli accordi di produzione di importanti brand in licenza e al trend in continua crescita verso prodotti in acetato, apprezzati dai clienti ottici e dai consumatori per qualità e prestigio, è stata aggravata dall’emergenza Covid 19 ed è diventata strutturale e non sostenibile per gli anni a venire - si legge in un comunicato di Safilo (nella foto, la sede di Padova) - La suddetta chiusura sarebbe, inoltre, coerente con gli obiettivi di business del gruppo, volti a ottimizzare e efficientare il footprint produttivo dell’azienda».
Mentre Safilo conferma, come precisa la nota, «l’apertura di un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali e le istituzioni volto a individuare tutte le soluzioni utili a mitigare gli impatti sociali di questo difficile scenario», il sindacato italiano guarda con preoccupazione a questa ennesima situazione critica, che segue gli esuberi dell’ultimo anno tra gli stabilimenti di Martignacco, in Friuli Venezia Giulia, e di Longarone, in Veneto. «Nella fabbrica di Ormoz si lavora soprattutto l’Optyl, storico materiale di proprietà di Safilo che, da quanto emerso, oggi non sarebbe più particolarmente richiesto dal mercato - spiega a b2eyes TODAY Denise Casanova, segretaria generale di Filctem Cgil Belluno - Avevamo già chiesto un incontro con l’amministratore delegato dell’azienda, per valutare insieme i dati economici di chiusura 2020: è stato fissato subito dopo Pasqua e, alla luce della decisione su Ormoz, diventa ancora più importante, per discutere anche della situazione occupazionale nelle unità produttive italiane, visto che va ancora completato l’iter di 200 dei lavoratori in esubero a Longarone».
A.M.