Quasi cento speaker e oltre 1.500 brand, nazionali e internazionali, secondo gli organizzatori, hanno partecipato martedì scorso a Ecomm Fashion (nella foto, tratta dal sito dell'iniziativa), digital convention della moda italiana o come molti l’hanno definita gli “stati generali” del comparto
Vari e diversificati gli spazi, attivi in contemporanea. Ad aprire i lavori Bassel Bakdouness, amministratore delegato di Velvet Media, holding del marketing e della vendita online, organizzatrice dell’evento. Tema dominante, l’evoluzione della moda e il digitale. «Processi già in corso che l’emergenza coronavirus non ha fatto altro che accelerare», ha commentato Alessio Badia, promotore di Ecomm Fashion e docente di master in fashion marketing. L’emergenza, ha ribadito nel suo intervento Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici, deve essere uno stimolo a sollecitare l’evoluzione. La digitalizzazione può dare un grosso aiuto alle piccole aziende nella creazione di dépliant virtuali per inserire i loro prodotti in una piattaforma più vasta. Il digitale non è tanto importante per l’e-commerce e la vendita quanto per far conoscere il prodotto. «Non significa solo vendita online, ma presentazioni via internet, con foto che svelino i valori intrinseci del prodotto - ha spiegato Steven Tranquilli, presidente di Federpreziosi - Nel nostro settore i canali social, durante la pandemia, hanno stimolato la curiosità, per cui i clienti dopo il 18 maggio sono tornati a frequentare i negozi».
L’approccio digitale per Giorgio Magello Mantovani di Niam-Nazionale italiana agenti moda deve favorire i rapporti tra negozianti e aziende, per rilanciare la filiera. Deve dare dati ed elementi di analisi per migliorare la produzione e nello stesso tempo fornire uno storytelling dei prodotti che i punti vendita possano comunicare ai clienti. Il retail fisico è ancora il canale privilegiato degli acquisti secondo la giornalista Marta Casadei, sia nel settore lusso sia nel fast fashion. «Il negozio rimarrà ma concepito in modo diverso», ha commentato. Francesca Romana Rinaldi dell’Università Bocconi ha parlato di nuovi modelli di business nella moda. Ha sottolineato come sia fondamentale la tracciabilità della filiera e la circolarità, che significa possibilità di riciclare i capi, affittarli, ripararli, sino addirittura a creare, grazie a internet, “armadi connessi”.
Dal punto di vista della comunicazione, «i social possono solo integrare la carta stampata, che meglio ha raccontato e racconta il made in Italy, basta ricordare le riviste degli anni 80 e 90 come Donna o Mondo Uomo», è stato il parere di Enzo Di Sarli, presidente e fondatore di Dmr Group, specializzato in analisi dei media. Laura Asnaghi, giornalista, ha evidenziato l’importanza dell’investire sulla comunicazione, perché la gente vuole sapere cosa c’è dietro un capo e ogni azienda deve mettere in risalto le proprie peculiarità. E ha portato come esempio i video della Haute Couture di Parigi, in corso in questi giorni.