Il benessere visivo, vent’anni dopo

Già nel 2003 due terzi degli italiani chiedeva di essere protetto da agenti esterni e vedeva nell’ottico la figura cui rivolgersi per risolvere i propri problemi: oggi com’è la situazione?

“Che cosa hai fatto in tutti questi anni?”. “Sono andato a letto presto”. Il famoso scambio di battute del capolavoro di Sergio Leone, C’era una volta in America, ci ricorda come i fatti della vita girino su sé stessi per tornare a casa sotto nuove vesti.

Di benessere visivo in Italia si inizia a parlare all’inizio del 2000 in contemporanea con una rinnovata attenzione della popolazione italiana alla propria salute. I dati di allora, elaborati dai grandi istituti di ricerca, possono apparirci oggi veramente piccoli. Gli italiani che facevano ricorso a pratiche mediche alternative come l’omeopatia, secondo l’Istat, nel 2001 erano meno del 10%. Ora più di un italiano su due ne ha fatto uso almeno una volta nella vita.

Se ai giorni nostri è più volte citato il concetto di “dottor Google” come abitudine smodata delle persone nel cercare informazioni sulla salute in rete, per l’Istat nel 2001 gli italiani che si affidavano a internet erano meno del 20%. Le informazioni sulla salute a quel tempo “navigavano” in televisione e sulla carta stampata.

La tecnologia a portata di mano e il rinnovato stile di vita, che tende a responsabilizzare la persona sulla propria salute senza delegarla del tutto agli specialisti, ci hanno spinto in due decenni a diventare probabilmente migliori, almeno sotto questo aspetto. È illuminante l’affermazione del presidente della Fondazione Sport City, Fabio Pagliara, il quale ricorda che “a piccoli passi, stiamo concludendo la rivoluzione dolce che avevamo avviato e ci stiamo avvicinando alla Repubblica del Movimento”: dopo vent’anni, come il protagonista di C’era una volta in America, non siamo più gli stessi.

Tornando al benessere visivo, cosa possiamo dire? Se non siamo andati a letto presto, non abbiamo di certo tirato tardi. Nel 2003 scrissi un saggio sul rapporto degli italiani con la salute: tra i suoi obiettivi, valutare i primi vagiti proprio del fenomeno del benessere visivo e le opportunità per i centri ottici italiani. Tale pubblicazione si basava su una ricerca, effettuata su un campione ideale di 500 soggetti intervistati telefonicamente, secondo la quale l’87% dichiarava che la salute degli occhi fosse un elemento fondamentale per sentirsi bene. Allo stesso tempo 7 persone su 10 chiedevano maggiori informazioni sulla vista: ben il 47%, ad esempio, non sapeva il significato della parola glaucoma. Il dato allora più evidente era che il 75% degli intervistati riteneva già importante proteggersi dagli agenti esterni (smog, sole, i primi dispositivi digitali) e vedeva nell’ottico il problem solver ideale di questa emergenza in essere.

Cosa abbiamo fatto quindi, in due decenni, a tal proposito? Di certo far vedere bene gli italiani con le nuove tecnologie legate alle geometrie e ai trattamenti protettivi è già metà dell’opera. Ma il grande lavoro sta sulla prevenzione e non solo sull’esecuzione, sull’occhio e non soltanto sull’occhiale. Se la figura dell’ottico per l’Europa oggi è quella di un adattatore di dispositivi medici e non più di un fabbricante e se il commercio online dell’occhiale dovesse liberalizzarsi anche in Italia, certe partite a metà saremmo costretti ad andare a vincerle.

A breve realizzerò un aggiornamento di quell’indagine del 2003 sulla salute e il benessere visivo degli italiani: occorre un forte e chiaro stimolo per non addormentarci di nuovo su un tema importante, che farebbe grande l’ottica agli occhi degli italiani in un momento in cui proprio i loro occhi sono terribilmente sotto attacco. Oggi il pubblico per il benessere visivo c’è. Eccome.

Nicola Di Lernia

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