Ci siamo persi l’infanzia della presbiopia

È stato uno dei messaggi emersi dal meeting all’Otticlub di Mido 2019 sulla presbiopia e la lente progressiva: un dibattito di alto livello condito dai risultati di un sondaggio sulle responsabilità del mancato utilizzo delle multifocali, che ha fatto da lancio al business forum di fine giugno a Firenze dedicato al tema

Coordinare un evento come quello di Milano, con la presenza di due esperti dell’ottica in Italia quali Silvano Abati e Gianmario Reverdy e di esponenti delle quattro maggiori aziende dell’oftalmica, è stato un compito difficile e stimolante. In meno di un’ora occorre dare spazio e facoltà di replica a professionisti che potrebbero parlare del tema per ore. A volte però il tempo e la brevità ci aiutano a trovare tracce importanti che non possono darci risposte definitive ma una traiettoria sì. La mia sintesi va oltre il qualunquismo di chi può essere intervenuto e dichiara alla fine che sono sempre le stesse cose che girano. Dipende dalla prospettiva da cui le osservi. Da qui all’evento di fine giugno intendo costringere tutti a guardare fuori dal finestrino seduti nel posto in cui sono meno abituati a viaggiare: quello del passeggero.
Parto quindi dai risultati del sondaggio online che questa testata ha proposto ai propri lettori a pochi giorni da Mido. Alla domanda “Quali sono i fattori che ostacolano la crescita delle lenti progressive in Italia” (nella foto), le risposte multiple dei circa 300 votanti ci hanno indicato una traiettoria. I principali responsabili sarebbero i medici e la guerra dei prezzi. Distanziati il passaparola negativo del pubblico che le ha provate e la scarsa preparazione tecnica dell’ottico. Come dire: il problema non sta in casa nostra. Recentemente il comico Natalino Balasso, apparso in Adrian, proponeva di non mettere porte blindate all’ingresso di casa e tantomeno chiuderle a più mandate, poiché la maggior parte dei crimini violenti avviene dentro le mura casalinghe. “Forse è meglio tenerle aperte”, sentenziava ridendo. Allo stesso modo, non barrichiamoci in casa sul tema progressive: non serve a nulla, se non a scannarci a vicenda un po’ alla volta e a perdere il contatto con il mondo che lo influenza.
Dalla traiettoria del sondaggio a quello della tavola rotonda, ottimamente moderata da Abati. Dai responsabili tecnici di Hoya (Matilde Ronzoni), Rodenstock (Mauro Nocera) e Zeiss (Fabio Briganti) ho appreso tre indicazioni strategiche. La multidotazione: lavorare ai fianchi il pubblico sul tema che con un occhiale non si può fare tutto. La refrazione: non dare nulla per scontato soprattutto se il proprio studio ha strumenti o spazi limitati e non “infiniti” (almeno sei metri) per una misurazione ideale. Il percorso: non dobbiamo anticipare forzatamente la prima dotazione di lenti progressive, ma educare il pubblico over 40 a un percorso che lo porti prima dei cinquant’anni alla sua progressiva ideale. Dall’intervento del direttore generale di Essilor, Luca Strigiotti, che sostituiva Sabrina Lotto, un segnale di mercato da non sottovalutare: le lenti progressive personalizzate in Italia sono un terzo in quantità rispetto alla Francia. I nostri “cugini” partono sempre prima di noi. Sul vino, sui formaggi. Almeno in questi due casi, e speriamo anche nelle progressive, gli italiani dopo anni di sforzo il gap con i francesi l’hanno colmato. Occorrono lavoro, dedizione, studio, passione. Saranno all’altezza i nostri ottici e ottici-optometristi del compito che abbiamo affidato loro?
Nicola Di Lernia

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