Cosa abbiamo perso in questi 15 mesi

La pandemia si è fatta annunciare in Italia il 21 febbraio 2020 con il paziente zero di Codogno. Per ognuno di noi è giunto il momento di tracciare il primo bilancio personale. Soprattutto di quello che non abbiamo più

Io ho perso un amico, un collega, pochi giorni fa. Ognuno di noi porta dentro di sé un lutto provocato dal Covid, vicino o lontano. Il mio si chiama Alessandro De Varda, probabilmente la prima persona che ho incontrato nell’ottica. Alessandro era stato testimone del passaggio della divisione contattologia da Galileo a Ciba Vision, ormai tre decenni fa. Aveva vent’anni più di me e di tutti i giovani reclutati al marketing della nuova società. Rappresentava la vecchia generazione dell’ottica. Elegante, ironica, accessibile. Mido per lui era il progetto dell’anno. Si iniziava a lavorare da gennaio fino a maggio. Alessandro curava i rapporti con i fornitori e la fiera. Passavamo insieme una settimana a Milano densa di lavoro e di svago. Il ricordo che conservo di più nel cuore sono le birre che io, lui e un altro collega di Ciba Vision, Francesco Manganaro, sorseggiavamo in silenzio al Bar Virgilio, all’angolo con via Vincenzo Monti, a pochi passi dal vecchio quartiere fieristico. I suoni di Mido si erano dissolti da poche ore e davanti a noi scorrevano le immagini dei tanti protagonisti, anche quelli più curiosi. Come il venditore di orologi che iniziava il suo lavoro il venerdì tra i padiglioni ancora da completare e il lunedì aveva già esaurito tutta la merce. Il fotografo, il solito, che passava ogni anno per le foto allo stand così da agevolarci il lavoro per l’edizione successiva. O il cameriere del Savini che aveva gestito impeccabilmente il bar aziendale cacciando con delicatezza i “portoghesi” del panino e del calice. Alessandro in quei frangenti era dappertutto, con un sorriso a volte amaro, ma anche con la sua risata forte. La sua parlata era sempre ricca di cultura antica e di riflessioni. Saggezza che allora mi pareva antiquata e che oggi custodisco con amore. Come quando mi disse “non posso fare il muratore e l’ingegnere allo stesso tempo”. Come quando rileggeva i miei testi all’incontrario per correggere gli errori di scrittura.

Sai, Alessandro, in questi quindici mesi non abbiamo solo perso una generazione. La pandemia ha cancellato parte della nostra memoria, dei nostri momenti veri di vita e di lavoro. E anche della sicurezza sul nostro futuro. Non abbiamo speso e non abbiamo investito, non abbiamo viaggiato e non abbiamo vissuto come avremmo voluto. In questi quindici mesi abbiamo perso non solo buste lavoro, ma soprattutto te e tanti altri colleghi, amici o familiari e dobbiamo tutti farci carico di questi ricordi. Sebbene, caro Alessandro, abbia sempre colto il tuo pessimismo su come il mondo potesse migliorare, voglio regalarti una promessa. L’ultima. Fare in modo che le cose, anche nell’ottica, riescano a dotarsi di un respiro più ampio, di una visione complessiva, non legata a uno specifico territorio di relazioni, ma al buon senso della vita. Il dialogo è faticoso, il confronto noioso e spesso pericoloso per alcuni. Se qualcosa non cambierà, dopo questi quindici mesi, dopo che la nostra memoria si è fatta più debole, avremo perso l’ennesima occasione.

Nicola Di Lernia

Professione