Leonardo da Vinci: il kolossal? Ha soltanto scomodato il genio

Il cinquecentesimo anniversario della morte del celebre scienziato ha coinvolto nel 2019 anche l’Irsoo, con sede nella città natale dell’artista, e l’Università degli Studi di Milano, che con diversi eventi lo hanno celebrato: la vita del Maestro è diventata ora una serie tv in onda su Rai1 che, però, contiene una serie di eclatanti incongruenze

“Cascan le foglie e restan poi le spine: non giudicate nulla innanzi il fine”. Questo si legge accanto al logo della stamperia del libro che Giacomo Castelvetro pubblica a Londra nel 1614 dal titolo Brieve racconto di tutte le radici, l’erbe e i frutti che in Italia si mangiano. L’autore, umanista e accademico modenese morto a Londra due anni dopo, suggerisce al lettore, con quell’epigrafe, di non pre-giudicare il contenuto del suo testo prima di averlo terminato. Martedì 23 marzo abbiamo potuto assistere, sulla rete ammiraglia Rai, al kolossal Leonardo: è stata la prima serata di quattro che raccolgono otto episodi centrati sulla vita del genio da Vinci. Trattasi di una produzione internazionale durata due anni, con tremila comparse e un budget milionario che ha permesso di ricostruire, nella campagna del Viterbese, i luoghi degli accadimenti. La prima puntata (nella foto, tratta dal trailer) si apre con Leonardo in carcere a Milano nel 1506 accusato di aver avvelenato una sua modella, tale Caterina da Cremona, conosciuta a Firenze anni prima: per costruire la difesa il Maestro racconta, con alternati flashback, la sua infanzia e adolescenza nella città gigliata. Chiunque abbia confidenza, anche superficiale, con la storia, sarà rimasto stupito dall’apertura (Leonardo non è mai stato incarcerato a Milano), dalla presentazione alla bottega del Verrocchio (aveva circa 15 anni e non è credibile che avesse quell’aspetto adulto e maturo), dal posizionamento della lanterna sulla cupola del Duomo (a 19 anni intuisce lui come procedere), dal peso della palla di rame (18 tonnellate dice il Verrocchio, in realtà sono 18 quintali, citando una unità di misura definita solo nel XVIII secolo).

Ora è vero che l’organizzazione ha ricordato, nei trailer, che non intendevano fare un biopic per Rai Storia né un docufilm per Rai Scuola ma un crime mistery per una platea nazional-popolare, e scomodando il genio del Rinascimento il contesto sarebbe risultato ancor più ghiotto, ma Umberto Eco ha più volte mostrato e dimostrato come si struttura il mistero contestualizzato. Dobbiamo credere che sono particolari sfuggiti alla sceneggiatura o intenzionali e stuzzichevoli pruriti per un pubblico dal palato grezzo? Però, come suggeriva il Castelvetro, aspettiamo la fine prima di giudicare: potrebbe ancora peggiorare.

Sergio Cappa

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