Lo sport è stato una parte rilevante e intensa della vita di Silvio Maffioletti, dapprima quando l'ha praticato nei campionati dilettantistici bergamaschi, iniziando dalla Nosari Bergamo e passando poi da Stezzanese, San Tommaso Bergamo, Calolziocorte e Zanica, poi a livello professionale quando, per anni, ha studiato e approfondito con vari colleghi le caratteristiche funzionali della visione, la sua adeguatezza ai compiti richiesti, le possibilità compensative con lenti o lenti a contatto, i trattamenti di potenziamento consigliabili e sostenibili.
Al Convegno 2025 di Monopoli, che ha come tema la visione nello sport, l’ottico optometrista e docente lombardo affronterà la componente visiva in ambito sportivo, collocandola all’interno del modello prestativo, che si fonda su cinque aspetti. «Fisico, ossia resistenza aerobica, resistenza anaerobica, forza funzionale, velocità e agilità; tecnico-tattico, ovvero le tecniche fondamentali, i pattern di gioco e le match simulation - spiega nel dettaglio Maffioletti a b2eyes TODAY - Cognitivo e visivo, quindi allenamento visivo, tempo di reazione e decision-making; mentale, con la gestione dello stress, la visualizzazione e la concentrazione, la resilienza e l’adattamento; recupero e nutrizione, ossia recupero attivo, sonno di qualità, alimentazione e idratazione».
Il suo sport non poteva che essere il calcio. «Tutti giocavamo a calcio, in quegli anni. Lo sport più facile, meno costoso. Bastava una palla e la strada, perché le auto erano ancora poche, sicché si poteva giocare in mezzo alla via o in piazza - racconta ancora al nostro quotidiano - Lo praticavamo come i nostri campioni preferiti, il mio era Gianni Rivera, ammirati e studiati nei televisori in bianco e nero: li osservavamo e li imitavamo nei loro movimenti, nelle mosse tecniche e persino nel modo in cui tenevano i calzettoni o sputavano per terra».
All’evento di Monopoli, Giancarlo Montani gli ha affidato un tema che richiede di andare oltre la neutralità e il formalismo del sapere. «Farò ricorso anche alla memoria della mia attività sportiva, alla mia esperienza di vita, a quell’immensa regione che viene prima delle conoscenze scientifiche e nella quale si formano i sentimenti, le disposizioni d’animo, i processi affettivi e mentali che mi hanno indotto, già in età precoce, a sentirmi attratto dallo sport e lì a misurarmi e impegnarmi – dice ancora Maffioletti - Ogni atleta gioca contemporaneamente due partite, sul campo e nella vita: una contro l’avversario e l’altra contro una parte di sé che è impegnata in un’incessante attività di analisi, giudizio e autocritica che induce dubbi e insicurezza penalizzando l'attenzione e la concentrazione. Oggi il concetto di avversario interno è metafora multidisciplinare e viene applicato a tutti gli ambiti come strumento di miglioramento e di crescita personale e professionale».
Maffioletti era centrocampista, mediano oppure mezzala. «Centrocampista come Angelo Domenghini di Lallio, grande campione di Atalanta, Inter e Cagliari nonché della Nazionale, mio parente nel ramo paterno della famiglia - spiega il docente - Negli allievi della Stezzanese ho giocato con Oliviero Garlini, bomber di Cesena, Lazio, Inter e Atalanta, che ha spiccato il volo proprio dalle giovanili di Stezzano».
Così, anno dopo anno, «ho avuto modo di assistere alla trasformazione di molti calciatori di scarso livello, in quanto ametropi, in eccellenti giocatori con le loro lenti a contatto applicate - conclude Maffioletti - Ho visto scomparire gli occhiali dai campi di gioco grazie alla diffusione delle lac morbide, straordinaria rivoluzione prima nello sport e poi anche nella vita civile (nella foto, un giovane Silvio Maffioletti, secondo da destra in prima fila, in un'immagine tratta dal volume “Colognola: 100 anni di sport”, di cui è autore insieme a Nino Ravasio, edito da Grafica Monti di Bergamo nel 1998)».
A cura della redazione