L’abito non fa il monaco, ma il camice fa il medico. E nell’ottica?

Il titolo è ripreso da un articolo apparso su Corriere Salute del 27 ottobre scorso, nel quale viene commentato un recente studio internazionale, che ha coinvolto anche l’Italia, sul tema della prima impressione del paziente verso lo specialista

Lo studio, pubblicato anche sul prestigioso British Medical Journal, ha messo in risalto un argomento sottovalutato in medicina e su cui anche il mondo dell’ottica dovrebbe fare una riflessione: si evidenzia e si conferma, infatti, come l’abbigliamento del dottore rappresenti una forma di comunicazione non verbale capace di influenzare la relazione con il paziente. Il lavoro, il più grande finora realizzato sul tema, ha preso come riferimento non solo gli ospedali pubblici, ma anche le cliniche private e gli studi specialistici. È inoltre emerso che non è importante solo il camice, ma anche quanto ci sta sotto. Ogni paese interessato dalla ricerca (Italia, Giappone, Stati Uniti e Svizzera) ha manifestato diversi approcci all’abbigliamento del medico. L’Italia in particolare. Sotto il camice, riporta il Corriere Salute, “gli italiani preferiscono un abbigliamento formale, serio e sobrio come una maglietta o una camicia senza cravatta e, se si tratta di una dottoressa, un blazer con pantaloni o gonna”.

Anche l’editoriale del direttore di Corriere Salute, Luigi Ripamonti, titola in quel numero “Non sempre è sbagliato giudicare dalle apparenze”. Ovvero, i pazienti hanno bisogno anche di forma e non solo di sostanza. Lo stesso Ripamonti poi precisa che, però, “sotto il camice ci deve essere un medico bravo, preparato ed empatico, che non si serve della divisa (il camice) per dividere ma rassicurare. Il camice è una divisa riconosciuta dal pubblico, anche se oggi il pubblico stesso chiede che sotto il camice batta un cuore e che il medico si prodighi per aiutare il paziente ad accettare la cura. Bisogna aver cura di dare la cura”. È una sentenza che pesa su molti capi di medici e magari anche di ottici che conoscono bene il proprio mestiere, ma risultano meno efficaci nel comunicare e convincere.

Un altro studio, meno recente, anch’esso apparso sul British Medical Journal, evidenzia come l’atteggiamento del medico possa aiutare nella adesione alla terapia da parte del paziente. Il segreto è presentarsi bene, dicono i ricercatori, perché la prima impressione è dura a morire e un soggetto deve avvicinarsi alla cura con la convinzione che quello specialista sia la persona giusta per la soluzione del suo problema. Un tema annoso, tanto che a Harvard fin dal 1987 avevano messo a punto nell’area medica un codice deontologico di decoro dell’abbigliamento del medico in grado di influire positivamente sul paziente nella sua aderenza alla terapia.

Resta da vedere se anche nel mondo dell’ottica, in particolare nella proposta del primo occhiale progressivo o nella prima applicazione di lenti a contatto, il coinvolgimento del cliente rischi di partire debole a causa del non verbale, dell’atteggiamento e del dress code del professionista che la attua. L’ottico, l’optometrista, il laureato in Ottica e Optometria non sono medici, ma hanno una funzione molto vicina: non erogano solo vendite, ma soprattutto prodotti per la salute. Anche per loro vige la dura regola di “aver cura di dare la cura”.

Nicola Di Lernia

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