La transumanza degli smart worker favorisce periferie e provincia

La pandemia e le restrizioni di movimento ci hanno fatto riscoprire il chilometro zero del commercio ovvero il negozio di prossimità. I neuroscienziati affermano che bastano due mesi a una persona per cambiare abitudini. Negli acquisti quante di quelle vecchie sono riemerse e quante invece di quelle nuove si sono mantenute anche alla fine del lockdown?

La prima a vivere questo cambiamento di abitudini è stata la contattologia. Di fatto la lente a contatto ha sofferto solo in piccola parte la sindrome del carrello pieno, in quanto molti portatori si sono preoccupati di riempire la “dispensa” di lenti per non sbagliare. Ma nel periodo del lockdown, secondo una ricerca internazionale realizzata da CooperVision in undici paesi, l’80% dei portatori di lac avrebbe cambiato ottico o modalità di acquisto. In parti sostanzialmente uguali si sono indirizzati verso altri ottici di prossimità, nelle catene o sulla rete, tra portali ed e-shop di negozi di ottica tradizionali. Per sua natura la contattologia è il segmento della filiera che reagisce più velocemente ai cambiamenti, offrendo segnali interpretabili a distanza dall’oftalmica e dalle montature.

Anche terminato il lockdown vi sono categorie di clienti che gli ottici erano abituati a servire e che ancora non si vedono. Per loro l’isolamento non è veramente finito. Stiamo parlando dei turisti e degli smart worker. Un servizio di Cartabianca del 30 giugno su Rai3 si è soffermato su Firenze, una città abituata ad accogliere più di dieci milioni di turisti l’anno. A oggi su 400 hotel ne sono ancora chiusi 350. Le guide della Galleria degli Uffizi accusano il 90% di calo di fatturato dovuto alla mancanza sia di gruppi organizzati sia della didattica. Il negozio della scuola del cuoio di Firenze, alle spalle della Basilica di Santa Croce, ha dichiarato un fatturato di 53 mila euro rispetto ai 2 milioni dello scorso anno, con 30 dipendenti in cassa integrazione. È il grido di dolore di una delle città più conosciute al mondo, lo stesso di Guidoreni apparso su questo quotidiano. Da ultimo il Sole 24 Ore dichiara che l’assenza del turismo americano, tipico dell’asse Venezia-Firenze-Roma, quest’anno non porterà i soliti 5 miliardi di euro di spesa. Anche i negozi di ottica a vocazione fortemente turistica non possono a loro volta che rammaricarsi della situazione in atto.

Se passiamo allo smart worker, che dalla fine del lockdown non è ancora tornato in ufficio, la sua storia è più complessa. Abituato a prendere l’auto o i mezzi pubblici e a trascorrere la parte centrale della propria giornata lontano da casa, aveva assunto modalità di acquisto dissimili dalla prossimità. Oggi a chi manca questa figura emergente del panorama sociale italiano, passata in pochi mesi da 600 mila a 8 milioni di unità? Manca ai bar sotto l’ufficio, ai ristoranti della pausa pranzo, ai negozi con orario continuato dove comprava lontano da casa. Manca a molti e mancherà anche ad alcuni ottici delle città, soprattutto se si tratta di Milano o di Roma. La sensazione è che parte del lavoro delle metropoli, compresa l’ottica, si sia spostato alle periferie o alle piccole località limitrofe.

Questa transumanza è facile da individuare. Se un ottico di una realtà di provincia dichiara di mantenere in questi giorni un fatturato adeguato al periodo, basta chiedergli quanti clienti nuovi in percentuale sono apparsi alla sua porta rispetto al totale: quella fisiologica si attesta tra il 20% e il 25%, ma la transumanza potrebbe averla ingrandita. Si tornerà nel 2021 ai pascoli abituali d’acquisto del 2019? È la domanda centrale che molti nell’ottica dovranno porsi. Subito.

Nicola Di Lernia

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