La pandemia del 2020: tragedia eccezionale o prevedibile?

Gli eventi del passato ci dimostrano che l’epoca che stiamo vivendo non è poi così straordinaria rispetto a fatti già accaduti: un esempio è la Spagnola, che un secolo fa ha registrato oltre 50 milioni di morti in tutto il mondo. E basta leggere i provvedimenti e le indicazioni igieniche dell’epoca per capire che il coronavirus, forse, si poteva comprendere e contenere meglio, sin dall’inizio

 

“Il Cronocentrismo è la convinzione che i propri tempi siano di primaria importanza e che gli altri periodi impallidiscano a confronto. È la fede nell’importanza storica del presente. E, come tale, suggerisce un disprezzo del passato e del futuro”. A pag. 65 del numero 2/1974 della rivista americana Futures, il sociologo Jib Fowles, recentemente scomparso a New York, propose il termine Cronocentrismo, che definisce bene proprio quello che tutti siamo persuasi di vivere oggi: tempi eccezionali, unici e incomparabili con le precedenti fasi storiche. All’inizio del secolo scorso il sociologo ed economista americano William Graham Sumner, ministro della Chiesa Episcopale e professore alla Yale University, conia il termine Etnocentrismo, intendendo con esso che il proprio gruppo sociale sia il centro di riferimento con cui qualunque altro deve confrontarsi, e il termine è arrivato a segnalare una stima gonfiata di una cultura a spese di un'altra.

Negli anni, in teoria, siamo diventati consapevoli delle distorsioni che risultano quando un gruppo si ritiene in qualche modo più significativo di altri. In tempi di post pandemia possiamo concederci qualche spazio di riflessione estiva su quanto abbiamo vissuto, visto, ascoltato e pensato: politici che sfidano il dileggio e l’indecenza rimpallandosi colpe e malefatte e locali amministratori che mostrano la corda invece che i meriti. Eppure tornerebbe utile una lettura della Storia, come noto negletta ai più, e in particolare delle pagine che ricostruiscono la tragedia della Spagnola, la pandemia che tra la primavera del 1918 e del 1921 non ha risparmiato alcun angolo del pianeta, con stime di ben oltre 50 milioni di vittime, sommatesi ai conti della Grande Guerra appena conclusa: l’origine credibile sembra essere stata nel Mid West degli Usa, quando la febbre esordisce nel gennaio ’18 nei dintorni dei sovraffollati campi di addestramento dell’esercito, che poi avrebbe portato il contagio sull’altra sponda dell’Atlantico. Il 14 ottobre 1918 il Comune di Milano diffonde il Manifesto delle Precauzioni Igieniche, a firma di Emilio Caldara, primo sindaco socialista della metropoli, in cui si legge che “La malattia che domina attualmente a Milano, come in tutto il resto d’Europa, è certamente l’influenza. Lo dimostrano in modo non dubbio (…) la sua bassa mortalità in confronto al numero dei colpiti da forme lievi che è grandissimo. Contro di essa valgono le segg. precauzioni: creare la più scrupolosa nettezza della persona… prevedere bagni e lavarsi le mani prima dei pasti… usare dentifricio con acido fenico… la nettezza rappresenta il metodo più semplice, pratico ed efficace per tenere lontano i germi… evitare i contatti con le persone e i malati in particolare… il mezzo veramente efficace è l’isolamento… appena si avvertono i sintomi mettersi a letto e chiamare il medico… aerare frequentemente la camera”. Il manifesto si accompagnava a fotografie di famiglie, finalmente dignitosamente abbigliate, con vistose mascherine artigianali sul volto. Le analogie guizzano evidenti e il sorriso ci accomuna involontario. E si trasforma in sorriso amaro, riflettendo sui ricorsi storici, di cui Gianbattista Vico scriveva già nel XVIII secolo.
Sergio Cappa

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