Alla luce degli interventi di ieri, prima giornata del Congresso, che si conclude oggi, la progressione miopica potrà rappresentare nei prossimi anni uno sbocco professionale doc per l’ottico e l’optometrista, a dispetto della piramide demografica del nostro paese
L’anomalia della famosa piramide demografica nazionale è dovuta alla scarsa natalità, quart’ultimo paese al mondo, e all’invecchiamento della popolazione, secondo paese dopo il Giappone per aspettative di vita. Di fronte a questo paradigma tutto italiano io stesso, sia al Progressive Business Forum di fine giugno a Firenze sia al lunch symposium presbiopia di ieri a Monopoli, ho consigliato ai partecipanti di creare un’ottica 2.0 dedicata al mercato degli over 40. I numeri nel 2030 ci dicono che una persona su due avrà più di 50 anni. Che cosa ci potevamo aspettare sotto questa soglia? L’ottica però è imprevedibile. Chiusa una porta si apre un portone, non per tutti ma per i professionisti doc certamente sì. La diffusione di miopia che ha invaso il mondo, in particolare quello asiatico, a causa principalmente dell’uso smodato degli strumenti digitali fin dai primi anni di vita unito alla disabitudine dei giovanissimi a vivere outdoor, ha aperto all’ottica il portone del contrasto alla progressione miopica. Che non è solo l’attenzione a non far acuire nei giovani il loro problema visivo, ma soprattutto uno strumento di prevenzione contro patologie senili pericolose. Finalmente possiamo tornare alla ricerca del professionista della visione non in base al prezzo ma alla specializzazione, che si dovrà confrontare con un mercato di giovanissimi, finora vivaio pressoché esclusivo di pediatri e medici oculisti, tenuto quindi sotto controllo da medicine anziché da lenti oftalmiche e lenti a contatto.
Ce la faranno gli ottici e optometristi a trovare la convivenza di ruolo in questo mercato di giovanissimi, improvvisamente appetibile sia per la professione sia per il portafoglio? La progressione miopica, da quanto emerso ieri a Monopoli (nella foto, tratta da Google, l’ingresso dell’Hotel Porto Giardino, sede del Congresso), è un tema tecnico e strategico insieme, che si distanzia da chi pesa il mercato a pezzi. Occorre un investimento di tempo, risorse e pazienza che non è patrimonio dell’ottica commerciale, la quale sfrutta l’onda più grande e mai la crea. Il nostro tema, per numeri e delicatezza, non potrà mai essere una grande onda, ma una specializzazione che l’ottico e l’optometrista possono accatastare insieme a tante altre per fare la differenza. L’ottica, la sua visione per il consumer si stanno lentamente spostando su una spiaggia più riservata, dove i numeri lasciano spazio alla memoria e alla relazione, alla prevenzione e all’efficacia. Le stesse aziende della contattologia e dell’oftalmica stanno legittimando con i loro prodotti, forse per la prima volta, un percorso elitistico e olistico nella soluzione della progressione miopica simile a quello delle grandi major farmaceutiche.
Questo panorama, per quanto ottimistico, mi fa tuttavia riflettere su un passaggio importante: grandi temi come la progressione miopica vengono trattati nel nostro paese solo quando l’industria ha i prodotti per lo scopo. Non sarebbe stato il caso di parlarne prima? Di coinvolgere l’opinione pubblica su un argomento così importante che colpisce i pochi giovani di cui la società dispone? Auspico un simposio scientifico internazionale che si possa tenere in Italia ogni anno, per discutere di temi che solo a tre anni potranno disporre di soluzioni “commerciali” ad hoc. Questa si chiama ricerca. Altrimenti l’optometria e i titoli accademici, a cosa servono?
Nicola Di Lernia