«Molti come Lei si ostinano a utilizzarlo impropriamente, convinti che così facendo si possa ottenere una legittimazione , una sorta di “usucapione” intellettuale, al di fuori dei virtuosi e impegnativi percorsi attuati in altri paesi. Sono convinto che un nuovo modo di porsi da parte degli ottici, privato degli equivoci che possono indurre una falsa percezione da parte dei cittadini, porterebbe indubbi benefici e un valore aggiunto al concetto di professionalità di cui oggi tanto si parla. Anche in tal caso, ci vuole il coraggio di evidenziare a chiunque che nei paesi anglosassoni il titolo di optometrista è da sempre un titolo virtuoso che si ottiene dopo impegnativi studi all’Università: ad esempio, negli USA il corso di laurea è di quattro anni ai quali si aggiungono ulteriori quattro anni di studi per la specializzazione (praticamente obbligatori). Chiunque percepisce la serietà sottesa a un percorso formativo universitario come questo! In Italia, invece, Federottica tenta da decenni di ottenere l’equivalente di un titolo universitario per tutti gli ottici italiani – trasformandoli automaticamente in ottici optometristi senza alcun controllo sull'adeguatezza della loro formazione – ritenendo sufficiente una mera autocertificazione e non un percorso legalmente riconosciuto dallo Stato, apparendo inconsapevole dell’enormità del privilegio richiesto a vantaggio di tutta la categoria senza rispettare un percorso formativo adeguato a tutela della sicurezza dei cittadini. Un’operazione che non tiene conto proprio del contemporaneo svolgimento di una “attività commerciale”da sempre giustamente incompatibile con un ruolo sanitario, come drammaticamente certificato dalle “situazioni” presenti nel video oggetto del Suo imbarazzo. La trasmissione de “Le Iene” Le ha mostrato la qualità professionale di una gran parte degli ottici intervistati: persone che – indifferentemente dalla loro preparazione e competenza – hanno finalizzato ogni loro affermazione e ogni loro sforzo a un’unica finalità: vendere occhiali anche a chi non ne ha bisogno», scrive il presidente della Soi.
«Dimostrando che per una parte dei suoi iscritti, l’oggetto del loro operato è e sarà sempre solo un “cliente”. Occorre urgentemente cambiare approccio, mentalità e cultura, in modo da porre le basi per un effettivo miglioramento professionale esteso a tutte le figure impegnate nel mondo della visione. Sono d’accordo con Lei, diversamente operando e insistendo in difese insostenibili, si finisce per “gettare fango su di una categoria che richiede rispetto per il suo prezioso contributo alla salute della gente”», conclude Piovella nella sua lettera.
(red.)