I promotori dell’evento, che hanno dato seguito a quello del settembre 2013 a Sarroch, parlano di una grande partecipazione di specialisti della contattologia avanzata, quella dei casi complessi. «Anche questa volta il congresso si è caratterizzato per la proficua e costruttiva osmosi tra chi ha avuto il ruolo più formale di relatore e chi di delegato – commenta a b2eyes.com Luigi Lupelli, presidente di Ailac, che ha patrocinato l’iniziativa - Infatti è stato l’ampio spazio concesso alla discussione tra il palco e i professionisti in sala a fornire il segno del fervore sollecitato dalle relazioni sia di carattere scientifico sia clinico».
Tre i temi principali trattati: secchezza oculare, lenti sclerali e ortocheratologia. «Le presentazioni sulla valutazione dello stato della superficie oculare hanno sì confermato l’assenza di una stretta relazione tra sintomi e segni di secchezza oculare, ma hanno anche proposto delle metodiche non invasive, come quella della valutazione dello strato lipidico del film lacrimale corneale attraverso tecniche poco utilizzate di riflessione speculare – spiega Lupelli - Le nuove tecniche di meibografia sono state considerate specialmente per la possibilità di fornire una quantificazione della condizione di secchezza oculare quando causata da un’alterazione funzionale delle ghiandole tarsali».
Per quanto riguarda, invece, le lenti a contatto sclerali, «è apparso evidente che, in confronto soltanto a un paio di anni fa, vi è un certo accordo tra gli specialisti nell’utilizzare lenti caratterizzate, in media, da un diametro totale più ampio, intorno a 18,00 mm, poiché questo permette di avere una maggiore area di appoggio sclerale con minori rischi d’indentazione della congiuntiva bulbare», sottolinea il professionista e docente romano. Nella sua relazione sul tema Miguel Romero, giunto da Madrid, ha dichiarato di ritenere vitale l’uso di lenti sclerali nel cheratocono avanzato dove sconsiglia, nella grande maggioranza dei casi, l’uso di lenti a contatto ibride. A loro volta gli argentini Hugo Lagaria e Ana Pellegrini hanno considerato applicazioni in casi molto inusuali, dove talvolta è stato necessario alterare notevolmente la forma originale della lente per permettere un adattamento altrimenti impossibile. La possibilità di migliorare la prognosi con sclerali applicate nella cheratite neurotrofica è stato, invece, uno dei temi topici analizzati dall’optometrista statunitense Elise Kramer.
Per ciò che concerne invece l’ortocheratologia, le presentazioni hanno confermato il ruolo primario di questa procedura nel rallentare la progressione miopica nell’età adolescenziale. «Daddi Fadel ha sottolineato la necessità per lo specialista di gestire tutte le fasi dell’applicazione, dalla progettazione alla modifica personalizzata dei parametri che caratterizzarono la geometria della superficie posteriore lente a contatto, per aumentare le possibilità di successo – ricorda ancora Lupelli - È stato fatto un formale invito alle aziende costruttrici di fornire, insieme alle lenti a contatto, non solo i parametri ritenuti, convenzionalmente, principali, ma anche la registrazione dei parametri di tutti i raggi di curvatura e delle ampiezze della parte concava della lente» (nella foto, scattata da David Pietroni, la sala convegni).
(red.)