Marchio CE: per gli occhiali ora è tutto chiaro

«È stata una giornata molto importante, si è andati dritto all’obiettivo – commenta a b2eyes.com Luigino Boito, direttore di Certottica – Sì è finalmente discusso con le istituzioni, in modo concreto e senza retorica, di un aggiornamento normativo, necessario a seguito delle criticità relative alla marchiatura CE, raccolte da aziende e associazioni di categoria, ottenendo una soluzione reale». L’esigenza di una chiarificazione è nata anche in seguito alla segnalazione da parte di un ottico romano a Striscia la Notizia di alcune presunte irregolarità presenti su occhiali e confezioni di lenti a contatto che, a suo dire, non avrebbero riportato il marchio CE correttamente. Il problema si presenta soprattutto, come replicato già da Anfao lo scorso giugno alle telecamere del programma di Canale 5, per frtontali e aste con dimensioni ridotte, su cui la stampigliatura può sembrare irregolare e far credere, dunque, che il prodotto sia contraffatto.
«A questo proposito il direttore generale del ministero dello Sviluppo economico emanerà un decreto per chiarire la normativa, che peraltro già esiste – sottolinea Boito – Si tratta, appunto, di far applicare la norma, tenendo conto anche del design dell’occhiale: nel caso, quindi, di montature di forma particolare in cui il marchio CE non possa rispettare le dimensioni stabilite dalla Comunità Europea, la conformità andrà specificata nella nota informativa che accompagna il prodotto». Una soluzione, dunque, importante per combattere il falso made in Italy che, ricorda Boito, «costa all’Italia 60 milioni di euro, di cui 12 milioni di euro causati dalla contraffazione di marchi registrati».
«Il prossimo passo sarà verso la tracciabilità del prodotto, a livello europeo – continua il direttore di Certottica – Un traguardo molto difficile da raggiungere a causa dei rallentamenti dovuti a tecnicismi burocratici: è l’incertezza della norma a produrre il maggior danno alla nostra industria, consentendo ai singoli stati all’estero e ai loro enti di riferimento di farsi regole autoctone, autoreferenziali, creando barriere alle nostre esportazioni e ostacoli alla libera concorrenza. Pensiamo, ad esempio, a Germania e Inghilterra che non vogliono fare chiarezza sulla questione tracciabilità per ragioni economiche, concentrandosi, invece, sul business dei loro porti. Il cuore del problema sta, quindi, nel convincere gli altri partner europei a superare l’asse anglotedesco per ottenere anche in questo ambito una normativa che sia chiara». In tal senso il ministero dello Sviluppo economico sta predisponendo una circolare interpretativa.
«Il made in Italy, rappresenta non solo un attestato di qualità, ma allo stesso tempo è un'assicurazione per i consumatori – ha detto Vicari (nella foto, al centro) durante l’incontro, come riporta una nota di Certottica - È positivo il voto del Parlamento Europeo che ha approvato l’art. 7 della proposta di Regolamento che impone l’indicazione obbligatoria dei paesi di origine dei prodotti, il cosiddetto “made in, confermando così il voto della Commissione parlamentare Mercato Interno del 17 ottobre 2013. Il negoziato dovrà riprendere dinanzi al Consiglio UE per giungere a un accordo con i paesi contrari su un testo condiviso che includa il “made in” obbligatorio su alcune categorie di merci».
F.T.

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