«Sulla scorta dell’urgenza di comunicare con la vostra redazione, vi abbiamo inviato una prima lettera, lo scorso 11 novembre, che aveva come obiettivo principale la richiesta di una replica. Nel frattempo, come avrete costatato, tutto il nostro settore ha proclamato indignazione e disappunto nei confronti del servizio ""Occhiali che non servono"" (nella foto) andato in onda il 9 novembre. Riteniamo dunque doveroso precisare, soprattutto per dare voce a tutti gli ottici che insieme rappresentiamo, alcuni assunti fondamentali della nostra professione, e del benessere visivo in genere, che sono stati mistificati», si legge nella nota firmata dai presidenti Rossella Fonte dell’Albo degli Ottici Optometristi, Andrea Garagnani di Assogruppi Ottica, Carlo Vannucci di Federgruppi Ottica, Giulio Velati di Federottica, cui si sono aggiunti Stefano Lorè di Sopti e Vittoriano Farsetti di Fio-Confesercenti.
«La professione dell’ottico è arte ausiliaria sanitaria e fin dal 1928, in Italia, ha autonomia di prescrizione per quanto riguarda i difetti di miopia e presbiopia. Nel corso degli anni tali competenze si sono allargate, a volte tramite specifica normativa, altre volte tramite la giurisprudenza formatasi all’interno delle aule dei Tribunali. Oggi quindi possiamo tranquillamente affermare che gli ottici sono legittimati a misurare la vista, prescrivere lenti correttive per tutti i difetti visivi, prescrivere e applicare lenti a contatto, svolgere quindi una serie di attività che non sconfinano nell’atto medico, che riguarda, nello specifico, malattia, diagnosi e terapia. Quindi il professionista specificatamente preparato alla misurazione della vista non è l’oculista, che nei suoi 11 anni di studio sostiene un solo esame in cui si parla anche di refrazione», prosegue la lettera.
«Nel servizio è stato anche affermato che non si può eseguire un controllo della vista senza cicloplegici. Ricordiamo che il ciclopentolato è un farmaco e, come tutti i farmaci, è indispensabile in alcuni casi, mentre può essere inutile o dannoso in altri. La letteratura scientifica afferma che la ciclopegia deve essere usata solo quando tutte le altre tecniche optometriche per inibire l’accomodazione falliscono. L’occhio è sottoposto a delicati equilibri, che sono sconvolti da un rilassamento farmacologico dell’accomodazione e non è certo che un occhiale prescritto in condizioni così alterate possa poi essere accettato dal paziente nella vita di tutti i giorni. Dobbiamo anche precisare che l’acuità visiva di un giovane sano, senza difetti di vista, è ben superiore a 10/10 e che si possono vedere 10/10 pur avendo dei difetti di vista significativi. Non può certo essere nostro compito valutare l’organizzazione del servizio, ma stupisce che nessuna evidenza sia stata data agli ottici che non hanno consigliato l’occhiale e sottolineato unicamente la disonestà di quelli che lo hanno prescritto. Nessun rilievo, quindi, per i sei ottici che si sono comportati correttamente, mentre grande importanza è stata data all’ultimo ottico, evidentemente impreparato da un punto di vista professionale. E così l’incompetenza di un singolo è diventata l’incompetenza di un’intera categoria», concludono i vertici delle associazioni di ottici italiani firmatarie.
(red.)