«Chi cerca di accedere alla professione dall'estero, invece, deve dimostrare di avere le competenze a condizione che siano compatibili con gli standard da loro in vigore. È evidente che al momento, come si evince dal ""Blue Book"" dell'European Council of Optometry and Optics, il modello anglosassone non può trovare applicazione nel nostro paese, ma certamente può essere di futura ispirazione – prosegue la missiva del presidente di AlOeO - Oltremodo, nel nostro paese il titolo accademico è l’unico che possa garantire la partecipazione ai programmi Erasmus ed è l’unico in grado di permettere l’accesso ai Master universitari di primo livello, come ad esempio accade in Spagna, Germania e Svezia».
«In merito ai corsi inseriti nell'ambito di Scienze e Tecnologie Fisiche, con specifico riferimento ai corsi non caratterizzanti, che in una prima analisi superficiale possono sembrare apparentemente poco inerenti, in realtà sono d’importanza rilevante per la comprensione dei concetti e degli insegnamenti di argomenti come rifrazione, interferenza, aberrazioni, luce polarizzata – aggiunge -Francamente mi risulta difficile pensare come si possa comprendere a fondo i polinomi di Zernike o anche le sole aberrazioni di Von Siedel senza una trattazione dei concetti sui quali si fondano tali principi. Certo posso far comprendere il significato degli argomenti a livello descrittivo, ma credo che per una comprensione esaustiva sia necessario passare da alcune nozioni che solo quei corsi in oggetto possono garantire».
«Devo invece dissentire sul fatto che si avverta un’assenza delle attività cliniche in Università: a oggi ci sono oltre 250 ore di laboratorio clinico e ben 400 ore di tirocinio. Se uno studente è orientato all'ambito sanitario come scelta professionale, ha la piena facoltà di procedere con uno stage all'interno delle cliniche universitarie oppure in cliniche ospedaliere. A supporto di questa affermazione posso portare, ad esempio, i lavori di tirocinio di studenti inseriti in stage all'interno dell'Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio, alla Casa di Cura Columbus di Milano, all'Ospedale San Raffaele e altri ancora, ovviamente sempre a stretto contatto con oculisti e ortottisti – conclude la nota di Santacatterina – Tuttavia, condivido pienamente la necessità di pensare a un profilo sanitario per il laureato in Ottica e Optometria, cosa che è già compatibile con il percorso formativo universitario. In tal senso non si capisce come si possa prevedere una figura professionale all’interno del quadro normativo cui fa riferimento la legge 4/2013 in merito al riconoscimento delle professioni non regolamentate. Di fatto la suddetta legge esclude il profilo sanitario e implicherebbe il riconoscimento di una figura nuova che andrebbe a invadere il campo di applicazione di altre professioni già esistenti e conseguentemente di difficile attuazione».
(red.)
«In merito ai corsi inseriti nell'ambito di Scienze e Tecnologie Fisiche, con specifico riferimento ai corsi non caratterizzanti, che in una prima analisi superficiale possono sembrare apparentemente poco inerenti, in realtà sono d’importanza rilevante per la comprensione dei concetti e degli insegnamenti di argomenti come rifrazione, interferenza, aberrazioni, luce polarizzata – aggiunge -Francamente mi risulta difficile pensare come si possa comprendere a fondo i polinomi di Zernike o anche le sole aberrazioni di Von Siedel senza una trattazione dei concetti sui quali si fondano tali principi. Certo posso far comprendere il significato degli argomenti a livello descrittivo, ma credo che per una comprensione esaustiva sia necessario passare da alcune nozioni che solo quei corsi in oggetto possono garantire».
«Devo invece dissentire sul fatto che si avverta un’assenza delle attività cliniche in Università: a oggi ci sono oltre 250 ore di laboratorio clinico e ben 400 ore di tirocinio. Se uno studente è orientato all'ambito sanitario come scelta professionale, ha la piena facoltà di procedere con uno stage all'interno delle cliniche universitarie oppure in cliniche ospedaliere. A supporto di questa affermazione posso portare, ad esempio, i lavori di tirocinio di studenti inseriti in stage all'interno dell'Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio, alla Casa di Cura Columbus di Milano, all'Ospedale San Raffaele e altri ancora, ovviamente sempre a stretto contatto con oculisti e ortottisti – conclude la nota di Santacatterina – Tuttavia, condivido pienamente la necessità di pensare a un profilo sanitario per il laureato in Ottica e Optometria, cosa che è già compatibile con il percorso formativo universitario. In tal senso non si capisce come si possa prevedere una figura professionale all’interno del quadro normativo cui fa riferimento la legge 4/2013 in merito al riconoscimento delle professioni non regolamentate. Di fatto la suddetta legge esclude il profilo sanitario e implicherebbe il riconoscimento di una figura nuova che andrebbe a invadere il campo di applicazione di altre professioni già esistenti e conseguentemente di difficile attuazione».
(red.)