Una verità senza valori credibili e condivisi? È solo propaganda

La manipolazione delle parole e l’atteggiamento tribunizio dei tanti che continuano, da settimane, a protestare contro il green pass e la presunta dittatura sanitaria comprimendo la libertà del commercio e di fatto ledendo quella altrui per difendere la propria, seppure male interpretata, nasconde spesso l’incapacità di elaborare le vere e profonde ragioni della loro quotidiana frustrazione. E nel cortocircuito tra i termini e il corrispettivo significato svanisce l’esatta concezione della realtà

“Viveva, non molto tempo fa, in una terra della Mancia, che non voglio ricordare come si chiami, un idalgo di quelli che tengono lance nella rastrelliera, targhe antiche, magro ronzino e cane da caccia. Egli consumava tre quarte parti della sua rendita per mangiare piuttosto bue che castrato, carne con salsa il più delle sere, il sabato minuzzoli di pecore mal capitate, lenti il venerdì, coll'aggiunta di qualche piccioncino nelle domeniche. Consumava il resto per ornarsi nei giorni di festa con un saio di scelto panno di lana, calzoni di velluto e pantofole pur di velluto”.

Dopo una corposa presentazione al lettore, così inizia il famoso El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, il capolavoro di Miguel de Cervantes Saavedra pubblicato in due volumi all’inizio del 1600, in Spagna: è un romanzo satirico che mira a sottolineare l'inadeguatezza della nobiltà dell'epoca a fronteggiare i nuovi tempi, descrivendo una realtà dove ogni momento può essere sottoposto a diverse chiavi di lettura, i mulini a vento diventano giganti o un colapasta un elmo. Perdendosi la corrispondenza tra significante e significato, tende a svanire l'esatta concezione della realtà.

Da quasi due anni l’informazione ha un tema dominante: l’aggiornamento puntuale sulla diffusa pandemia, che orienta e modella i nostri comportamenti quotidiani. Una minoranza significativa, presumibilmente anestetizzata dalle routinarie ammonizioni della scienza, ha lentamente debordato dal solco osservante del buon senso e, manipolando l’etimo delle parole, ha dato giustificazione al proprio personale ribellismo. Manomettere le parole come libertà o dittatura è non soltanto un danneggiamento del lessico civile: quando la contraffazione è dolosa, mostra tutto il portato delle personali frustrazioni e il bisogno di protagonismo alla ricerca di un obiettivo su cui investire la propria riottosa insofferenza. Il problema non è il merito, per il quale si accetterebbe anche un intelligente contradditorio, ma il non voler ammettere l’incapacità di elaborare la comprensione del gemito del proprio quotidiano rancore. L’atteggiamento tribunizio di chi comprime e assedia la libertà commerciale dei negozianti il sabato pomeriggio mostra l’essenza del vittimismo di chi, inconsapevole della presenza dell’altro, ritiene di essere l’unico ed eterno innocente davanti alle disgrazie collettive. Essere liberi è anche la capacità di fornire risposte prive di inutili oscurità a problemi complessi: la verità se non è supportata da un sistema di valori credibili e condivisi è solo propaganda.

Sergio Cappa

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