Tre tavole rotonde ne fanno una rettangolare?

I tre incontri Vision up-to-date di ieri all’Otticlub, sul rapporto oculista-ottico, l’UV alert e il Digital surround, m’inducono a credere che esista un filo conduttore: il bene comune

Il rapporto tra medico oculista e ottico è stato affrontato dall’avvocato Silvia Stefanelli, nota al mondo dell’ottica, con grande sintesi e chiarezza. Il regio decreto del 1928, che ancora regola la professione di ottico, vedeva come figura centrale il medico, cui erano arrogati ampi poteri di diagnosi e cura. L’avvento dell’era moderna ha creato figure parallele e complementari che hanno a loro volta “eroso” al medico questo ruolo universale, che con il tempo sono state stabilizzate dal legislatore oppure dalla giurisprudenza. Quello dell’ottico optometrista rimane un caso più unico che raro. Sul dialogo fra le parti il messaggio dell’avvocato è comunque ottimistico. Esiste il modo di farle collaborare e di definire delle regole di comportamento e gli esempi di contaminazione illustrati (l’ottico nel poliambulatorio o l’oculista dall’ottico) non hanno, secondo Stefanelli, nessun atto che li vieti espressamente. L’unica nota dolente è che il Ddl Lorenzin non ha toccato nulla del pregresso, salvo l’inasprimento delle sanzioni. Chi sbaglia tra gli ottici rischia non solo il patrimonio aziendale, ossia il sequestro dei macchinari, ma anche quello individuale, se la sua società ottica è una società di persone e non di capitali. 
Sulla protezione dall’UV è emerso un pericolo incombente e parzialmente in atto. Quello che sia la classe medica sia gli ottici l’avessero data per scontata, smettendo quella educazione sulla salvaguardia del benessere visivo dalla radiazione ultravioletta, indispensabile alla prevenzione di problemi oculari gravi. Di fatto nessuna delle due parti sembrerebbe averci messo, di recente, troppa anima sull’argomento. Dagli interventi dei relatori della tavola rotonda è risultato che meno del 10% del pubblico è a conoscenza dei possibili problemi insorgenti su retina, cristallino e via dicendo. Sebbene il buco dell’ozono si stia restringendo e i problemi più impellenti siano quelli del surriscaldamento del pianeta e non dell’inasprimento degli effetti dell’UV, dobbiamo ringraziare le due categorie per i magri risultati ottenuti in questi anni in termini di consapevolezza da parte del consumatore circa la necessità di una protezione adeguata. 
Sul Digital surround va segnalato che i rischi di abuso dei device digitali che creano disagio all’occhio sono così tanti che servirebbe più un’Academy sul cliente finale che sull’ottico. Di fatto anche l’illuminazione fredda dei led delle nostre case è tra i massimi responsabili del nostro malessere visivo. A oggi è circa il 12% delle lenti da vista a essere trattato con filtri o materiali anti luce blu. Non è poco. È un inizio, che non aspira al 100% delle lenti, perché, come hanno ben suggerito i due esperti aziendali di Hoya e Zeiss, questo trattamento non è per tutti e non va dato a tutti. 
Auspico, quindi, che il tavolo rettangolare sia quello cui facciamo sedere il cliente finale per un dialogo interdisciplinare finalmente regolamentato e senza basse attenzioni agli orticelli propri, ma alla prateria del mondo contemporaneo. Se continuate a guardarvi la punta delle scarpe, cari oculisti e ottici, rischiate di perdervi il panorama (nella foto, da sinistra, Stefanelli, Di Lernia e Genovesi).
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