Anche se per Antonello Venditti “era un ragazzo come noi”, quella sua faccia scavata, quello sguardo semplice quanto il suo stile hanno varcato i confini dei paesi più sperduti dopo il trionfo al Mundial 82. È morto ieri a 64 anni l'eroe leggenda della nostra Nazionale
C’è stato un lungo periodo in cui, a chi era nato prima del 1980, anche se non seguiva il calcio, il nome Paolo Rossi rimandava immediatamente a quei tre goal inflitti al Brasile, che avrebbero spianato la strada all’Italia campione del mondo nel 1982. Per qualcuno invece, forse pochi, compresa chi scrive, Paolo Rossi aveva tutto un altro riferimento. In quegli anni e con un lungo strascico fino al 2000, mi è capitato di trovarmi, nei miei viaggi per lavoro, in paesi lontani e sperduti dove i turisti erano una rarità e dopo aver detto che ero italiana, sentirmi dire: “Paolo Rossi”. Magari dai più comunicativi con l’aggiunta del gesto di calciare. Chissà se lui avrà saputo di questa notorietà? Di sicuro non se ne vantava. Tutto in lui era understatement, a cominciare dal nome, con una marea di omonimi. A differenza di alcuni suoi colleghi non riempiva le pagine dei giornali con le sue avventure da discoteca e showgirl. E curiosamente il suo essere discreto succedeva proprio negli anni 80, i più frivoli e puntati all’apparire. Una controtendenza “di stile”, che comunque non l’ha fatto dimenticare e ha reso più triste e dolorosa la sua scomparsa.